Willy, i fratelli Bianchi in celle protette. Lite con un detenuto, rischiano il linciaggio: «Sono pericolosi»

Willy, i fratelli Bianchi in celle protette. Lite con un detenuto, rischiano il linciaggio: «Sono pericolosi
di Alessia Marani
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Martedì 22 Settembre 2020, 00:26 - Ultimo aggiornamento: 18:36

Alla fine sono stati trasferiti dalle celle anti-Covid a quelle di isolamento “precauzionale” di Rebibbia. I fratelli Gabriele e Marco Bianchi adesso si trovano nel braccio “G9” al primo piano del carcere romano, quello che gli altri reclusi chiamano «degli infami» perché è qui che vengono destinati coloro che si sono macchiati di reati sessuali o le ex “guardie”, agenti o militari, che hanno oltrepassato la barricata del crimine o abusato dei loro poteri. Ben distanti dagli altri reclusi a cui sono invisi. Troppo pericoloso per loro condividere gli spazi comuni, ma rischioso anche per gli altri.

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LO SCAMBIO

Perché il temperamento irascibile e violento dei due fratelli di Artena, accusati con Mario Pincarelli e Francesco Belleggia (l’unico ai domiciliari) dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, si sarebbe fatto riconoscere anche in questi primi giorni reclusione. Tanto che la figlia di un detenuto marocchino ha scritto all’associazione “Detenuti liberi” protestando per il trattamento ricevuto dal padre mentre i Bianchi raggiungevano i parlatori attraverso il corridoio: «Lo hanno aggredito». Scintille, insulti, mani che volano, lo scambio, comunque, viene arginato sul nascere.
 
 
 

IL GARANTE

La direzione carceraria era già stata messa sul chi-va-là dai legali dei due fratelli, preoccupati per possibili ritorsioni nei confronti dei loro assistiti per nulla ben accolti dagli altri “inquilini” di Rebibbia: rischiano il linciaggio. E anche il garante per i detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, aveva avuto modo di evidenziare la problematicità. Lui stesso conferma che «i due giovani reclusi sono stati effettivamente trasferiti nel G9, sotto stretta sorveglianza».
 

LA FEROCIA

Willy Monteiro, cuoco ventunenne di origine capoverdiana fu massacrato di calci e pugni senza nemmeno un motivo nella notte tra il 5 e il 6 settembre, nella piazza di Colleferro. I testimoni parlarono di «una ferocia inaudita»: i picchiatori «saltavano sul suo corpo quando Willy era già a terra». Una condotta contro un ragazzo mingherlino, solo e inerme, considerata «indegna» anche da chi è dietro le sbarre. Ora nel “G9” Gabriele e Marco Bianchi sono sottoposti a grandissima sorveglianza per evitare qualsiasi contatto con gli altri. Passaggi e momenti d’aria si svolgeranno per loro in orari diversi e alternati rispetto agli altri. Sono monitorati anche dai medici per motivi sanitari e psicologici, come gli stalker o quelli che sono stati condannati per maltrattamenti in famiglia, anche questi reclusi al primo piano.
 
 

ADDIO BELLA VITA

Dalla bella vita all’inferno del carcere. I Bianchi, accompagnati dai carabinieri, varcando la soglia di Rebibbia, si preoccupavano perché avrebbero potuto bere solo acqua, «non c’è la minerale?», chiedevano. Ma le rinunce sono ben altre. Niente più cura maniacale del corpo, niente più scorribande con gli amici, notti nei locali, donne e bolidi a portata di mano. Sul loro tenore di vita ostentato sui social e nella vita reale, spropositato rispetto ai guadagni (il padre prendeva persino il reddito di cittadinanza per i figli a carico), è stata aperta un’inchiesta per reati fiscali. Giovedì per Marco in un’aula del tribunale di Velletri si aprirà il processo per un altro pestaggio, avvenuto il primo maggio del 2018, ai danni di un bengalese. Sono otto i fascicoli già aperti nei confronti dei Bianchi, tutti tranne uno, per lesioni aggravate.

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