Marrazzo, i carabinieri: «Macchinazione
ordita più in alto contro di lui, noi vittime»

Piero Marrazzo
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Sabato 24 Ottobre 2009, 14:40 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:00

ROMA (24 ottobre) - Il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo si autosospeso. I suo poteri sono stati delegati al vicepresidente, Esterino Montino. La decisione non piaciuta al Pdl, che chiede le dimissioni immediate del governatore. Ma qualche dubbio sulla decisione di Marrazzo affiora anche nel Pd, dopo che in mattinata erano cresciute le pressioni per un passo indietro del presidente.

«Ho deciso di aprire un percorso che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione», ha dichiarato in una nota Marrazzo, dopo che in giornata nel Pd erano cresciute le pressioni sul governatore affinché facesse un passo indietro. Le decisione di autosospendersi arrivati nel giorno in cui nel carcere di Regina Coeli sono iniziati gli interrogatori dei 4 carabinieri accusati di aver chiesto denaro al presidente della Regione dietro la minaccia di divulgare un video che lo ritrarrebbe in compagnia di un trans.

«Siamo stati anche noi vittime di una macchinazione ordita più in alto contro Marrazzo e per la quale sono stati sacrificati carabinieri con una carriera limpida». Così, stando a quanto si è appreso, avrebbero intanto respinto le accuse i tre carabinieri accusati di aver minacciato il presidente della Regione, Luciano Simeone, Carlo Tagliente e Nicola Testini. Un quarto militare, Antonio Tamburrino, è invece accusato di aver tentato di ricettare il video in questione.

I quattro comunque restano in carcere. Lo ha deciso il gip di Roma Sante Spinaci al termine degli interrogatori a Regina Coeli. Testini, Simenone e Tagliente, assistiti dall'avvocato Marina Lo Faro, hanno respinto le accuse davanti al giudice di aver estorto denaro a Marrazzo, di averlo ricattato e hanno fatto riferimento, secondo indiscrezioni trapelate, ad «un piano» ordito anche ai loro danni, oltre che ai danni dell'ex governatore, in cui loro quattro sarebbero serviti come una sorta di capri espiatori da sacrificare sull'altare di un non meglio precisata strategia per delegittimare il presidente della Regione. Al gip, a loro difesa, hanno elencato «gli encomi ricevuti» in una carriera specchiata.

Hanno parlato ed elencato le operazioni antidroga sostenendo di essere «invisi e odiati» negli ambienti dei transessuali e dei tossici della zona a nord di Roma, dove si trova l'abitazione di Natalie, il trans che ebbe all'inizio di luglio in Via Gradoli, un incontro intimo con Marrazzo. A loro difesa hanno anche respinto l'accusa di aver danneggiato, come giustificato dal provvedimento di fermo emesso ai loro danni dalla procura di Roma, le auto della figlia e della ex moglie di Marrazzo. Il gip ha tuttavia confermato nell'ordinanza l'impianto accusatorio

delineato nel provvedimento di fermo rilevando per i carabinieri infedeli il pericolo di fuga, l'inquinamento delle prove e la reiterazione del reato e quindi sostendo la necessità della custodia cautelare in carcere per tutti e quattro i militari. I tre carabinieri infine, hanno anche negato di avere «ingenti risorse patrimoniali» come riferito da Max Scarfone ai Ros, il fotografo che sarebbe stato un teste chiave nella vicenda - già coinvolto nel caso Silvio Sircana per avcere scattato le foto all'ex portavoce di Romano Prodi fermo in auto sulla via Salaria accanto ad un trans.

Nel video anche l'auto di servizio. Il video girato che testimonierebbe dell'incontro tra Marrazzo e il transessuale avrebbe anche un breve fermo immagine che riprenderebbe l'auto di servizio del Presidente. Nell'inquadratura del video si vede appunto l'auto blu e visibile anche la targa. Poi ci sono le brevi riprese interne con l'incontro tra Marrazzo e il transessuale.

Secondo alcune indiscrezioni Marrazzo si sarebbe recato più volte a via Gradoli con l'auto di servizio facendosi lasciare però ad alcune centinaia di metri e poi proseguire a piedi verso l'appuntamento. Al momento comunque, agli atti dell'inchiesta non sono emerse responsabilità giudiziarie di nessuno all'infuori dei quattro militari della compagnia dei carabinieri arrestati dopo il ricatto e il tentativo di vendere il video che immortalava alcune scene intime Marrazzo e il transessuale che, nell'ordinanza di fermo firmata dai pm Capaldo e Sabelli, viene chiamata Natalie.

«Ho detto la verità ai magistrati prima che l'intera vicenda fosse di pubblico dominio - ha spiegato il governatore -. L'inchiesta sta procedendo speditamente anche grazie a quelle dichiarazioni, che sono state improntate dall'inizio alla massima trasparenza. Si tratta di una vicenda personale in cui sono entrate in gioco mie debolezze inerenti alla mia sfera privata, e in cui ho sempre agito da solo. Nelle condizioni di vittima in cui mi sono trovato ho sempre avuto come obiettivo principale quello di tutelare la mia famiglia e i miei affetti più cari; gli errori che ho compiuto non hanno in alcun modo interferito nella mia attività politica e di governo. Sono tuttavia consapevole che la situazione ha ora assunto un rilievo pubblico di tali dimensioni da rendere ogettivamente inopportuna la mia permanenza alla guida della Regione, anche al fine di evitare nel giudizio dell'opinione pubblica la sovrapposizione tra la valutazione delle vicende personali e quella sull'esperienza politico-amministrativa».

«Ho quindi deciso di autosospendermi immediatamente e a tal fine ho conferito al vicepresidente la delega ad assumere la provvisoria responsabilità di governo e di rappresentanza ai sensi della normativa vigente, rinunciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica. In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell'immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione», ha concluso Marrazzo.

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