Trans Paloma: un tesoro nella cassaforte
di Marrazzo. L'ex governatore: tutto falso

Piero Marrazzo
di Cristiana Mangani
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Sabato 3 Aprile 2010, 14:41 - Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 00:35
ROMA (3 aprile) - un quadro desolante quello che emerge dagli ultimi atti depositati nell’ambito dell’inchiesta sull’affaire Marrazzo. Nonostante la procura insista molto nel sottolineare quali siano stati i ruoli e le responsabilit, cercando di creare una netta demarcazione tra chi presunto colpevole e chi dovrebbe essere palesemente vittima e innocente, alla fine sono tutti nello stesso calderone.



Tutti coinvolti dai loro comportamenti ai limiti della legalità. È un’inchiesta, questa, per sua natura anomala, perché i testimoni principali sono trans-prostitute. Gente che vive sui marciapiedi ed è disposta a tutto pur di ottenere un permesso di soggiorno. Dunque anche di inventare ricostruzioni che vengono smentite ma che, per precisione e dettagli, lasciano il dubbio sulle condotte altrui.



Così ci ritrova davanti alle dichiarazioni di “Paloma”, che il 29 dicembre scorso, racconta al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, dei suoi tanti incontri con l’ex governatore Piero Marrazzo. Paloma dice di più, ricorda di quando le si affiancò quest’uomo che lei non conosceva, sulla via Flaminia dove si prostituiva. «Era due anni fa - sostiene - Mi ha portata in un palazzo molto grande, almeno di cinque piani, la cui facciata era interamente fatta da finestre. Ricordo di aver notato che sulla parte più alta dell’edificio vi era la scritta “Regione Lazio”. Io non conoscevo questa persona, non avendola mai vista prima. Siamo entrati all’interno e lui mi chiese di abbassarmi per non essere ripreso dalle telecamere».



Il trans descrive gli ambienti e spiega di aver ricevuto parecchio da quell’incontro e dai successivi: cinquemila euro, poi ottomila e anche altre settemila. Tutte le volte ci sarebbe stata anche la droga. «Ricordo - ha aggiunto - che l’uomo in quella occasione (alla Regione Lazio, ndr) faceva sempre uso di cocaina che già aveva al seguito». C’è poi la descrizione di un’altra casa, dalle tende chiare e la vasca con l’idromassaggio. E c’è sempre lo stesso cliente, «quello famoso», che esigeva la mia presenza per cinque-sei ore, in piena notte. E c’è una cassaforte in quella casa. «Durante uno dei nostri appuntamenti - spiega la teste - ho notato una cassaforte e all’interno di questa molti soldi in contanti, era piena di soldi. Non ho contato subito il denaro che mi fu dato quella volta, solo successivamente ho realizzato essere 8 mila euro, tutti in banconote di grosso taglio».



Gli appuntamenti tra Paloma e Marrazzo si sono ripetuti fino alla mattina del 3 luglio, quando, dopo aver visto lui, l’ex presidente incontrò l’altro trans, Natalì, e finì in uno scandalo che gli è costato le dimissioni e la carriera. Ai pm, l’ex governatore ha sempre smentito i particolari riferiti da Paloma. L’ultima volta anche il 9 gennaio scorso, quando ha affermato: «Non mi sono mai recato in locali della Regione per incontri con trans, i locali che Paloma avrebbe indicato, citati dai giornali, non esistono nemmeno, non ho mai usato auto di servizio per gli incontri. Inoltre non ho mai pagato ingenti somme ai trans per i miei rapporti con gli stessi e, naturalmente, non ho mai usato denaro della Regione, ma solo mio personale per pagare le prestazioni. Ho chiesto qualche volta ai trans di procurare della cocaina, ma non conoscevo uno spacciatore di nome Rino Cafasso».



Ce n’è per tutti, dunque, negli atti che il lavoro certosino della procura ha messo a disposizione dei legali. Ci sono i carabinieri “infedeli” che compiono almeno cinque rapine ai danni di trans, sebbene il gip Laviola abbia deciso di respingere questa parte di richiesta di custodia cautelare avanzata dai pubblici ministeri, perché non sufficientemente dimostrata. E ci sono le accuse di omicidio al maresciallo Nicola Testini. Il 28 gennaio viene sentita una prostituta ungherese, M.W., con la quale lui avrebbe avuto una relazione. Si sentivano spesso e si vedevano, dice. È successo anche il giorno in cui Gianguerino Cafasso è morto per overdose. Parlarono a lungo, lo confermerebbero i tabulati telefonici fatti dalla procura. Lei, la donna, non ricorda quella telefonata. Poi, però, le viene in mente che «forse il 12 settembre, è stato il sabato in cui è morto il pusher che era uno dei confidenti di Testini, ci siamo sentiti. Dico questo - aggiunge - perché ricordo che quel sabato lo chiamai sul cellulare nel corso della mattinata, mi sembra verso le 11, e il Testini mi rispose che non poteva parlare perché si trovava davanti a un cadavere. La sera mi raggiunse a casa e mi disse che era morto un suo confidente che lo aiutava a fare arrestare dei delinquenti. “È morto per overdose”, mi disse».



Se si trattava di Cafasso, come ritengono i pm, come mai Testini era sul luogo del decesso? Chi lo ha chiamato e perché? Un’intercettazione tra Jennifer, trans-fidanzato dello spacciatore morto, e una sua amica, porterebbe di nuovo verso Testini. Dice al telefono a proposito dell’overdose di Gianguerino: «C’è uno che è in arresto, ma questo è un altro, è quello che ha dato la cosa all’uomo. È libero». Successivamente l’amica gli chiede: «Ma questo poliziotto che ha ammazzato lui, tu lo conoscevi?». E Jennifer: «È stato in quel giorno, lui mi ha presentato, mi ha portato lì da quest’uomo». I tabulati dimostreranno che Cafasso e Testini si sentirono molte volte prima che il pusher finisse stroncato da una overdose sul letto di un hotel. Nella richiesta di custodia cautelare presentata dai pm al gip, ci sono poi gli obiettivi del gruppo di presunti criminali, e c’è un progetto ambizioso forse quanto quello di Marrazzo: «ricattare il figlio di un costruttore che frequenta i trans». Il cui nome, però, non viene fatto.
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