Albertazzi: «Ecco il mio S. Filippo Neri
sul palco la sua cultura del sorriso»

Giorgio Albertazzi
di Marica Stocchi
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Venerdì 12 Luglio 2013, 11:54 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 15:46
Venerd 12 luglio alle 21, in Piazza Duomo, un evento speciale a cura di Monsignor Marco Frisina: Paradiso, Paradiso - la vita in musica di San Filippo Neri. L’Orchestra Fideles et Amati e il Coro della Diocesi di Roma (voce solista Paola Cecchi), diretti dallo stesso Frisina, anche autore delle musiche, si esibiranno nel concerto oratorio dedicato al santo. Voce recitante, Giorgio Albertazzi.



«Sono contento di essere a Spoleto - dice l’attore - perché si respira aria di teatro per tutta la giornata. Ricordo i pomeriggi con Lawrence Ferlinghetti in Piazza Duomo... La mia Signorina Margherita (pièce di Roberto Athayde, interpretata da Anna Proclemer di cui Albertazzi ha curato la regia, n.d.r.) ha debuttato qui, quando Menotti affidò la direzione artistica a Romolo Valli. Una delle risorse più preziose dei Due Mondi è sempre stata la curiosità di chi lo dirige e mi pare che Giorgio Ferrara stia lavorando bene in questo senso: Spoleto è tornato ad essere un festival di proposta indifferenziata, senza temi o criteri di assemblaggio. Per garantire qualità nella varietà è fondamentale saper ascoltare tutti e farlo in modo attivo e creativo».



Lei è qui per un omaggio a Filippo Neri, eppure non ha mai fatto mistero della sua scarsa simpatia per i santi.

«La religione rivelata è un argomento che, da non credente, mi ha sempre interessato moltissimo. Se poi, come in questo caso, si tratta di figure tanto particolari, perché no? A dire la verità mi sono chiesto perché abbiano chiamato me: Gigi Proietti ha fatto un bel Filippo Neri per la tv qualche anno fa, potevano chiamare lui...».



Leggerà dei brani tratti dall’Aneddotica del santo, cosa la incuriosisce di più?

«Intanto è fiorentino come me. E, come me, ha trascorso tutta la sua vita a Roma. È un personaggio stravagante e un po' pazzo, lo chiamavano il giullare di Dio. Ricorda quel genere molto simpatico di religioso che nasce con Francesco d’Assisi - forse anche prima - e arriva fino al nostro nuovo Pontefice. Ho scoperto una curiosità: il Giro delle Sette Chiese (un pellegrinaggio a piedi per le sette chiese principali di Roma, n.d.r.) è stato istituito da lui, a me è sempre piaciuto molto. Come San Francesco ha rinunciato all’eredità di un ricco zio e ha dedicato la sua vita prima agli ultimi e poi alla chiesa: diventò sacerdote a 35 anni e per molto tempo ha visto in Savonarola il suo punto di riferimento teoretico. Mi piace la sua cultura del sorriso, l’idea che si vincano più battaglie armati di serenità e pazienza che fomentando l’aggressività».



Ci sarà qualche fuori programma durante il reading?

«Devo ancora capire quando e come sparare le mie cartucce. Forse inizierò dalla Bibbia: In principio era il verbo... Forse. Oppure reciterò Ezra Pound. Dipende dal pubblico e dal profumo dell’aria».
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