Superbonus 110 per cento, subito una soluzione sulla cessione dei crediti maturati nel 2022 o per centinaia di piccole e piccolissime imprese dell'entroterra ciociaro sarà la fine, per non parlare della grande incognita sul futuro.
Il grido di aiuto arriva da un addetto ai lavori di Boville Ernica che da oltre quaranta anni opera nel settore, ha maturato crediti per circa un milione di euro che non riesce a cedere: «Soltanto nel nostro comprensorio sono circa 200 le ditte con meno di dieci dipendenti che dal primo gennaio rischiano di chiudere i battenti». Il problema delle cessioni è immenso, «ad oggi sono ancora quasi impossibili» rimarca il sessantenne bovillense, che si fa portavoce di centinaia di suoi colleghi con cui da mesi si confronta quotidianamente. Abi e Ance, le associazioni di categoria di banchieri e costruttori, premono per consentire alle banche che oggi non accettano nuove operazioni, per aver raggiunto il limite della capienza fiscale, di scaricare i crediti tramite gli F24 dei clienti.
LA CRISI
Ma la questione è seria e urgente: «La crisi che deriva dalla vicenda del superbonus ci farà molto più male del Covid e dell'aumento delle materie prime a causa della guerra incalza il sessantenne -.
IL DECRETO
Non solo crediti bloccati ma anche incertezze sul futuro con pratiche già avviate, spese sostenute e cantieri che probabilmente resteranno fermi. «Il decreto Aiuti Quater aveva previsto come scadenza della presentazione della comunicazione di inizio lavori il 25 novembre conclude il costruttore edile -.
Ad oggi, per le Cilas (comunicazioni inizio lavori asseverate per superbonus) presentate dopo quella data, il bonus scende al 90 per cento per lavori effettuati entro il 2023. Restano invariate le detrazioni al 70 e al 65 per cento previste per gli anni successivi. Con la modifica che da più parti viene invocata, invece, ci sarebbe una mini-proroga per ottenere il superbonus 100 per cento con le pratiche presentate entro il 31 dicembre 2022. Per ora, però, sono soltanto teorie».
I pro e i contro secondo la voce dei piccolissimi imprenditori: «Il sistema non è sbagliato perché lo Stato incassa più contributi, Iva, a fine lavori emetto fattura e pago le tasse. Sarebbero occorsi maggiori controlli soprattutto verso quelle partite Iva aperte da gente che di edilizia non aveva mai sentito parlare prima: hanno creato grosse difficoltà a chi nel settore lavora seriamente da decenni».