Ieri è stata la 54esima Giornata della Terra, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sui temi della salvaguardia ambientale. Un’occasione per accendere i riflettori sulle emergenze che affliggono la provincia di Frosinone, prima fra tutte quella dell’inquinamento atmosferico. Il 2024, seppure non siamo nemmeno alla metà, rischia di essere ricordato tra i peggiori per la qualità dell’aria in Ciociaria.
I DATI
La classifica dei Comuni con i dati peggiori sullo smog da gennaio ad aprile è guidata da cinque Comuni della provincia di Frosinone.
I dati delle centraline Arpa nel Lazio sono al centro di uno studio dell’università Lumsa di Roma, coordinato dal professore di Statistica Antonello Maruotti, che monitora l’effetto dell’inquinamento sulla salute delle persone e su come i comportamenti possono incidere sull’inquinamento ambientale e non solo.
I MESI PIÙ CRITICI
L’autunno e l’inverno sono i periodi dell’anno in cui si concentra l’emergenza smog. A maggior ragione da quando, il trend è ormai consolidato, le stagioni più fredde sono contraddistinte da temperature miti, bassa pressione, assenza di vento e precipitazioni. Condizioni meteorologiche che, unite all’accensione di riscaldamenti e ad una conformazione territoriale che non favorisce il riciclo dell’aria, amplificano la concentrazione di polveri sottili prolungandola per settimane, come appunto accaduto quest’anno.
I blocchi del traffico, attuati solo a Frosinone e per la prima volta con le multe della polizia locale, non hanno avuto effetto. Si spera almeno che possano invogliare a rottamare le auto più vecchie e inquinanti. Ma interventi isolati, per quanto drastici, sono del tutto insufficienti. Tanto più nella provincia di Frosinone, da sempre la più colpita a livello nazionale dall’inquinamento atmosferico, ma ancora priva di una cabina di regia che affronti il problema in un’ottica comprensoriale.
COSA FARE
Servono «azioni concrete non più rimandabili, efficaci e ad ampio respiro, che vedano integrarsi politiche urbane, regionali e nazionali su temi trasversali legati ai principali settori emissivi come il traffico, l’agricoltura, il riscaldamento domestico e le industrie», ammonisce Legambiente.
Però anche i cittadini, scrive l’associazione, possono dare il loro apporto: «A cominciare da un cambio di abitudini che prevedano un minor utilizzo dell’auto per tragitti brevi e percorribili a piedi o con la bici o con il trasporto pubblico; interventi per rendere più efficienti energeticamente le nostre case e scelte consapevoli sulla spesa alimentare che mirino ad una riduzione dei consumi di quei prodotti derivanti da allevamenti e agricoltura intensivi; contestualmente serve anche aumentare la quantità di verde nelle nostre città, mettendo a dimora alberi, avendo cura degli spazi pubblici che devono diventare i polmoni delle nostre città per tornare a respirare aria pulita».