Renzo Rosso: «Il lusso sostenibile non sarà mai in crisi. Nel 2023 problemi per la bassa distribuzione»

Renzo Rosso: «Il lusso sostenibile non sarà mai in crisi. Nel 2023 problemi per la bassa distribuzione»
di Ario Gervasutti
5 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Dicembre 2022, 09:28 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 12:37

Renzo Rosso è riuscito anche a trovare il tempo per guardare la finale dei Mondiali di calcio in Qatar: nel tourbillon che è la sua vita di imprenditore globale, è un mezzo miracolo.

Rosso, a proposito di Qatar: secondo lei come dovremmo regolarci di fronte a vicende come quella esplosa a Bruxelles?

«Difficile dire. Purtroppo spesso non vengono fatte le scelte giuste perché attorno ci sono troppe pressioni, troppi interessi. Guardi a ciò che è successo in Ucraina, aggredita dalla Russia anche per ragioni alle quali non sono estranei gli Stati Uniti».

Perché gli Stati Uniti?

«Chi ci guadagna? Loro. Con le armi, con le ricadute sulla loro economia, favorita dai danni provocati all’Europa. Gli Usa avrebbero potuto bloccare la guerra in ogni momento, e non l’hanno fatto. Questo succede quando gli interessi economici prevalgono sui valori morali».

Quanto hanno inciso sul “sistema moda” la Russia in guerra e la Cina chiusa per Covid?

«Sul mio gruppo molto poco, circa il 2,5%, a livello globale meno del 5%. Hanno inciso sul costo delle materie prime e dell’energia. Molte aziende salteranno con l’inflazione al 12%. I governi avrebbero dovuto intervenire prima».

Lei è un sostenitore dello sviluppo del commercio online. Ma non rischia in questo modo di uccidere gli store?

«L’uno non può esistere senza l’altro. L’online è uno strumento di vendita che prima non c’era. Come il telefonino quando è comparso per la prima volta: all’inizio sembrava uno strumento strano, poi è entrato a far parte della nostra vita. I negozi veri, nelle metropoli, con l’online diventano più grandi e assai più di un mero contenitore di abiti: diventano ”experience”».

Il lusso è l’unico target che giustifichi un brand?

«Il lusso è sinonimo di qualità, ricercatezza, ti fa sentire esclusivo. Esisterà sempre, e secondo i dati di McKinsey, è ancora in crescita. Nel 2023 i veri problemi li avrà la “bassa distribuzione”».

Diesel non è solo lusso...

«Ho sempre creduto nei prodotti che hanno limitata distribuzione ed elevata qualità. Per questo nel mio gruppo ci sono molti brand del lusso. Ho tagliato la distribuzione più “bassa”, alzato la qualità delle materie prime e portato a qualcosa di unico, speciale, un prodotto di “lusso democratico”: la chiamo “alternative to the luxury”. Voglio un’azienda unica al mondo, di qualità, con grandi contenuti. Non ci confrontiamo più con il denim a prezzi commerciali. Diesel è uno dei brand che ha sposato in pieno la sostenibilità. Voglio prodotti con la certificazione di filiera sostenibile. Facciamo la “due diligence” a tutte le aziende che lavorano per noi, per controllare anche le condizioni di lavoro».

Che cosa pensa dei rapidi cambiamenti in corso nel mondo del lavoro? Smart working, settimana corta...

«Il giusto fa bene, il tanto fa male. Lo smart working è giusto quando c’è una funzione che si può svolgere in remoto. Ma se viene fatto dal giovedì al martedì per me è long-weekend».

Il valore dell’artigianato italiano fa ancora la differenza o la qualità nel mondo è ormai livellata?

«Fa una grandissima differenza.

L’80% del lusso è prodotto qui, i francesi fanno carte false per comprare i nostri laboratori. Il 50% di un prodotto è frutto dell’ufficio creativo, l’altro 50% è dell’artigiano che ha la sapienza nel suo Dna».

La sostenibilità è un valore solo morale?

«Un prodotto sostenibile ha un costo, ma ha un valore aggiunto incredibile. C’è ancora un lungo lavoro da fare a monte con i Paesi, per guidarli a consumare di meno. Il 33% di quello che produciamo non viene neanche tolto dall’imballaggio, e nel mondo del food la percentuale è simile. La popolazione va educata a consumare meno e meglio. A partire dalla scuola».

Difficile riuscirci con i Paesi meno sviluppati.

«Vero. Ma la gente è più avanti dei governi. Noi puntiamo sul consumatore finale, che ha in mente la sostenibilità, un mondo migliore. Tra 5 anni voglio che la filiera dei nostri prodotti sia tutta completamente tracciabile. In Europa su questo fronte siamo avanti. Come Otb siamo entrati nel Fashion Pact fondato da Kering e ci siamo impegnati per arrivare ad essere al 100% decarbonizzati nel 2030, usiamo già il 35% di energia rinnovabile e puntiamo al 100% entro il 2025. Così devono fare i brand che avranno un futuro».

Lo sbarco in Borsa è vicino?

«Ci stiamo lavorando. Ora il management è solido, il programma prevede due anni da oggi se verranno rispettate le missioni e i numeri. È un passo che vogliamo fare per trasparenza dell’azienda e facilitare la successione, anche se i miei figli sono già a bordo. Mi piace sapere che chiunque dei miei lavoratori può essere mio socio».

Il suo gruppo ha diversificato anche sul turismo: dopo gli hotel a Londra, Miami, ora anche a Cortina. Quale futuro per il turismo post pandemia?

«Amo tutto quello che fa star bene la gente. Anche a Cortina voglio qualcosa di bello, speciale, all’altezza di una bellezza che non ha nessun posto di montagna al mondo. Cortina va cambiata, è ancora indietro, poco aperta alla globalizzazione».

Che valutazione dà delle prime mosse del governo?

«Con Giorgia Meloni ogni tanto ci scambiamo qualche messaggio. Da quando ha assunto il suo ruolo di premier sta facendo un processo di maturazione esemplare, gode della mia stima; vedo che non si tira indietro, ci mette la faccia ed è disposta a cambiare quando fa un errore. La trovo una persona molto intelligente».

Come dovrebbe rapportarsi oggi l’Italia con l’Europa?

«Penso che il governo Draghi abbia fatto bene, abbia riconquistato credibilità e leadership. E penso che la Meloni si stia allineando a quello che ha fatto Draghi. Non stiamo più subendo passivamente come accadeva con i governi precedenti, dobbiamo esibire i nostri valori».

Qual è la sua previsione per l’Italia nel 2023?

«Sarà un anno molto difficile, con tanti nuovi poveri, disoccupazione, temo anche tensione: non sarà facile».

E personalmente che cosa si aspetta?

«Il Vicenza in serie B mi darebbe serenità. Per il mio gruppo abbiamo una previsione di fatturati in crescita a due cifre».

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