Giampiero Massolo: «Le tempeste si superano solo se le reti funzionano. Senza coesione la pace si allontana»

Giampiero Massolo: «Le tempeste si superano solo se le reti funzionano. Senza coesione la pace si allontana»
di Umberto Mancini
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Venerdì 23 Dicembre 2022, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 12:38

«La sfida delle reti strutturali e, allargando il concetto, all’economia nel suo complesso, è quella di superare la tempesta perfetta che sta avanzando, una tempesta che non si sa ancora se si piegherà verso le spinte inflazionistiche o quelle recessive. Non dipende da noi, ma da tanti fattori: la durata della guerra tra Russia e Ucraina, le scelte della Cina che ha compromesso la sua crescita puntando sull’opzione Covid zero, il ruolo della Bce, orientata a stringere il freno, infine, le aspettative dei mercati, le attese di aziende e consumatori. La globalizzazione si sta regionalizzando e i principi che prima ispiravano l’ordine internazionale, quello che conoscevamo prima del conflitto, ora non valgono più. La sicurezza nazionale e la volontà di imporsi, di affermare la propria supremazia, sono le nuove parole chiave con cui bisogna confrontarsi».

Giampiero Massolo, presidente di Atlantia, numero uno dell’Ispi ed ex ambasciatore e grande esperto di tematiche internazionali, ha le idee chiare sullo scenario in cui ci muoviamo e ci muoveremo nei prossimi anni. Cita il politologo Parag Khanna che ha recentemente coniato il termine di “geografia funzionale” per spiegare le nuove interdipendenze tra i Paesi, illustrare i rapporti di forza, le derive legate ai nazionalismi. «Un mix di fattori - spiega a Il Messaggero - che bisogna affrontare seguendo una strada obbligata, quella dell’innovazione perché è il business che ormai si sostanzia, si identifica con una continua innovazione, per recuperare produttività e margini».

Presidente, in questa fase così complessa e in continuo movimento a livello geopolitico, come orientarsi e sostenere la competitività delle infrastrutture e quindi dei sistemi produttivi?

«Alla cartina politica e a quella fisica, va aggiunta ora una terza cartina. Credevamo che con la globalizzazione fosse finita la dimensione geografica delle relazioni internazionali, ebbene non è così. Prima il problema consisteva nelle parole influenza e colonizzazione economica, simboleggiate in buona parte dalla Cina, successivamente si sono aggiunte drammaticamente le parole guerra, invasione, egemonia, impersonificate dalla Russia che ha aggredito uno stato sovrano. Questo ha rappresentato un ritorno drammatico alla dimensione geografica. Ma poi vi è una terza cartina del mondo: quella invisibile, fatta di connessioni. Il mondo - e cito Khanna - è influenzato da quello che non si vede, dalle interconnessioni infrastrutturali: strade, porti, aeroporti, reti energetiche. Queste interconnessioni creano molto spesso dipendenza e danno ovviamente potere a chi ne ha la sovranità».

Per cui è decisivo avere una filiera infrastrutturale il più possibile indipendente?

«Prima pensavamo, negli anni della globalizzazione, che l’interdipendenza da sola avrebbe garantito lo sviluppo, l’occupazione, la collaborazione, il libero mercato, ma oggi siamo di fronte ad un cambiamento drammatico in cui l’interdipendenza può trasformarsi in una dipendenza potenzialmente letale. E’ il caso dell’Europa con il gas russo».

L’invasione russa ha cambiato il modello di riferimento?

«Siamo in un mondo in cui la parola cooperazione farà sempre più parte dello sfondo, mentre la parola contrapposizione farà crescentemente parte dell’attualità.

Dobbiamo imparare a convivere con una nuova realtà fatta di politiche di potenza, di spinte egemoniche, di attenzione alla propria sicurezza. Il prolungarsi della guerra rende duraturo il nostro permanere sotto una nube tossica. Una nube che allontana la pace, moltiplica gli apparati sanzionatori, aumenta il rischio di altri conflitti locali, trasforma in arma un fenomeno neutro come le migrazioni delle popolazioni. Aumenta parallelamente il desiderio di sicurezza da parte delle popolazioni e la necessità di risposte da parte dei governi».

Ma cosa può fare l’Europa?

«Il realismo ci dice che nessuno stato si salva da solo. Bisogna andare necessariamente verso un rinsaldamento dei rapporti all’interno dell’Unione europea. Gli Stati nazionali si salvano nel momento in cui, facendo attenzione a salvaguardare le proprie caratteristiche, si mettono insieme, rendendo compatibile l’interesse nazionale con quello europeo. Mentre la spinta del Covid ha dato origine al Next Generation Eu, andando in questa direzione, su altri fronti andiamo a rilento».

Quali?

«Sul fronte dell’energia, della difesa e delle migrazioni l’Europa deve ritrovare coesione, sovranità, indipendenza. Su questo punto l’Italia svolge e può svolgere un ruolo rilevante: lo sta facendo riducendo la dipendenza energetica dal gas russo e con il price cap. Così come è giusto che la Ue si prenda carico dei flussi migratori, cosa che non ha fatto, e di garantire un sistema di difesa coordinato. Qui siamo in grave ritardo, non c’è stata la dovuta reazione e lo dico da europeista deluso. Se non basta l’invasione russa, cosa serve ancora....».

La Ue ha mostrato tutta la sua fragilità?

«Sì. Le infrastrutture, lo sottolineo, sono una componente della sovranità europea. Hanno una valenza decisiva per sottrarsi al ricatto. E parlo di strade, aeroporti, ponti, linee energetiche integrate, infrastrutture cybernetiche. Reti che favoriscono il tessuto connettivo invisibile che crea competitività, dà alle aziende la possibilità di produrre a costi minori, sviluppa il mercato».

Ma Atlantia come si sta muovendo?

«In Italia c’è molto da fare e il Pnrr, su cui il Governo sta lavorando, è uno strumento per il miglioramento strutturale del Paese. Per renderlo più semplice, meno oneroso, competitivo. Tutte le aziende devono potersi muoversi in questo contesto. La nostra fortuna, la missione di Atlantia, è presidiare in maniera vocazionale il crinale dell’innovazione. Il nostro business non si sviluppa se non con l’innovazione nel comparto della mobilità integrata e sostenibile. Questo vale per le attività in concessione e per le altre società. Penso a Telepass (che oggi fornisce servizi a 360 gradi per pedaggi, parcheggi, assicurazioni) e a Yunex Traffic (che gestisce il traffico attraverso sistemi di intelligenza artificiale), che sono dei promotori di mobilità fluida. Per noi è il business stesso che ci chiede di investire in tecnologia e siamo supportati su questo fronte dagli azionisti che hanno promosso l’Opa su di noi, Edizione e Blackstone. Svolgiamo anche una funzione sociale perché migliorare i servizi vuol dire migliorare la vita delle persone. Qui penso all’hub nazionale Leonardo da Vinci, in cima alle classifiche per sostenibilità e qualità dei servizi a livello europeo».

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