Gas, l'inverno infinito e i test dei rigassificatori. De Scalzi (Eni): «Oltre Piombino e Ravenna servono altri due impianti a mare»

Gas, l'inverno infinito e i test dei rigassificatori. De Scalzi (Eni): «Oltre Piombino e Ravenna servono altri due impianti a mare»
di Roberta Amoruso e Andrea Bassi
6 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Dicembre 2022, 09:28

L’inverno, alla fine è arrivato. Ma somiglia più ad una primavera. Il clima è stato finora il migliore alleato degli europei, soprattutto degli italiani, nella guerra del gas. Il che ha favorito la volatilità nei prezzi: hanno fatto più giri sulle montagne russe di quanto si potesse immaginare. Con un paradosso: fin quasi a 350 euro per Megawattora in piena estate, quando i riscaldamenti erano spenti, per poi scendere a un terzo in autunno e all’inizio dell’inverno quando, invece, dovrebbero aumentare trainati dall’aumento della domanda. C’è una ragione. Durante i mesi caldi i Paesi europei, nel timore che Vladimir Putin chiudesse da un giorno all’altro i rubinetti dei giacimenti siberiani che riforniscono l’Europa, sono corsi a comprare metano tutti insieme spingendo i prezzi verso l’alto. Una competizione fratricida. Poi però, seppure con flussi minimi, Mosca non ha bloccato del tutto le forniture e, soprattutto, come detto, l’inverno fino ad ora è stato più mite del previsto. Il pericolo per ora sembra scampato.

IL CUSCINETTO

 Mazziero Research, una società di analisi e consulenza di solito molto precisa nelle sue previsioni, ha stimato che le attuali scorte dell’Italia sarebbero sufficienti a far fronte alle necessità invernali, scendendo a 2,7 miliardi di metri cubi a marzo. Un cuscinetto di sicurezza che dovrebbe consentire di far fronte anche ad eventuali picchi di freddo straordinario che potrebbero presentarsi soprattutto al sud nel mese di febbraio e marzo. Certo, si spera che funzioni a dovere il piano di risparmi promosso dal governo, che non arrivi un freddo straordinario e che i gasdotti che riforniscono l’Europa funzionino a pieno regime, senza stop. Perfino quei 10-20 milioni di metri cubi che arrivano ancora ogni giorno da Gazprom sono fondamentali per far tornare i conti in un sistema «molto tirato», a sentire gli addetti ai lavori.

Se così non fosse, è pronto a scattare il piano volontario di “interruzione” delle aziende. Un paracadute salva-rete che stacca il gas ad imprese già individuate, secondo un programma e remunerazioni prestabilite. Se non bastasse ancora, verrebbero in soccorso gli interrompibili della luce. Ma lo spettro dei razionamenti veri, quelli già annunciati in Francia, sembra per ora lontano. Meglio però non dormire sugli allori. Una volta superato l’inverno, spiega ancora Mazziero Research, si riaprirà la sfida con la rincorsa di tutti i governi europei al riempimento degli stoccaggi per l’inverno prossimo. La sfida più importante, per molti, visto che si partirà con gli stoccaggi praticamente vuoti e si dovrà fare del tutto a meno del gas russo arrivato nel 2022. Anche l’apporto delle fonti rinnovabili, nonostante l’accelerazione dell’ultimo anno, è ancora molto lontano da quello richiesto dagli obbiettivi dell’accordo di Parigi. Non abbastanza è stato fatto, evidentemente, se l’anno prossimo si rischia una crisi di riserve anche sull’elettricità per via del gas russo che mancherà, finora cruciale per produrre il 50% dell’elettricità italiana, e per via dello stop atteso alle importazioni francesi. Non a caso, il ministro Gilberto Pichetto Fratin, ha definito la rapidità delle autorizzazioni alle rinnovabili come la sfida delle sfide per il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Sfruttare sole e vento del Sud è del resto uno dei mantra del premier Giorgia Meloni.

A patto che si investa nel frattempo anche sui sistemi di accumulo e sul rafforzamento della rete per portare tutta l’elettricità necessaria al Nord.

L’INCOGNITA 2024

 Nella guerra del gas e dei prezzi, più che di una pace quella attuale assomiglia più a una tregua. Sul finire della prossima estate, spiega l’analisi, potrebbero ancora verificarsi alti prezzi del gas, vicini o anche superiori a 200 euro per Megawattora. Si tratterebbe comunque, se così fosse, di un prezzo di molto inferiore a quello raggiunto ad agosto di quest’anno, ma superiore ai 180 euro del price cap fissato dall’Europa il 19 dicembre sebbene entro i limiti delle oscillazioni consentite dal meccanismo tecnico prescelto. Molto, per l’Italia, dipenderà anche con che rapidità il Paese riuscirà a completare i due rigassificatori galleggianti di Piombino e Ravenna. Il primo soprattutto. Snam continua a confermare i tempi di arrivo della nave, che dovrebbe attraccare nel porto di Piombino nella seconda metà di marzo e iniziare a pompare gas a maggio. In tempo, insomma, per contribuire con i suoi potenziali 5 miliardi di metri cubi al riempimento degli stoccaggi per il prossimo inverno. Senza questo apporto, come ha ricordato Pichetto Fratin, ci sarebbero «enormi problemi per il nostro Paese».

LA SFIDA DELL’HUB

 L’Eni, che ha fatto un pieno di contratti per ottenere gas liquefatto in giro per il mondo, chiede in realtà anche di più. «Il 2023 - ha spiegato Claudio Descalzi, amministratore delegato del Cane a sei zampe - sarà un anno complesso a livello energetico, se vogliamo arrivare alla sicurezza con una sovrabbondanza di gas per stare tranquilli. Secondo me - ha aggiunto Descalzi - dovremmo avere altri quattro rigassificatori», compresi Piombino e Ravenna. C’è però un altro problema da affrontare. La rotta del gas è cambiata. Prima il metano arrivava soprattutto dalla Russia e si fermava nei grandi siti produttivi del Nord. Ora i tubi arrivano da Sud, dall’Algeria soprattutto, che nei prossimi anni aumenterà le esportazioni verso l’Italia di 6 miliardi di metri cubi. Inoltre, nel Mezzogiorno ci sono progetti già avanzati per nuovi rigassificatori come quello di Gioia Tauro e Porto Empedocle. E va detto chiaramente che per poter parlare di un futuro per l’Italia da hub europeo, è necessario che sia davvero gas in abbondanza. Che dunque ci siano i quattro rigassificatori invocati da Descalzi da aggiungere ai tre attuali. Ma è pure indispensabile che scendano i consumi di gas del Paese: l’elettrificazione dell’Italia deve essere davvero un traguardo da raggiungere nei prossimi cinque anni.

LA PIANURA PADANA

A quel punto va portato il metano dal Sud verso la Pianura Padana. Il passaggio cruciale, ora all’attenzione del governo, è sbloccare davvero la cosiddetta Linea Adriatica che, tra le altre cose, permetterebbe di portare verso Nord anche i volumi aggiuntivi che sono previsti dal raddoppio del Tap, il gasdotto che arriva a Melendugno in Puglia, porta di ingresso in Italia (e in Europa) del gas Azero. Oggi i tubi che da Sud salgono verso i siti produttivi settentrionali, sono in grado di trasportare 126 milioni di metri cubi di gas al giorno. Con il progetto della Linea Adriatica, la capacità salirebbe a 150 milioni di metri cubi. Il progetto, che secondo Snam potrebbe essere completato entro il 2027, sarebbe a prova di futuro: permetterebbe di importare dall’Africa idrogeno verde, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione.

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