I conti pubblici, elezioni europee e rating: doppia manovra

La legge di Bilancio prevede per il prossimo anno significativi impegni di spesa a favore dei contribuenti e lavoratori ma dal 2025 vira verso la prudenza

I conti pubblici, elezioni europee e rating: doppia manovra
di Andrea Bassi e Luca Cifoni
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Novembre 2023, 16:10 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 18:41

Se davvero si vuol comprendere la prima vera manovra del governo guidato da Giorgia Meloni bisogna alzare lo sguardo.

O sarebbe meglio dire allungarlo. Tralasciare le misure e quello che accadrà nel 2024 e leggere nei documenti presentati dal ministero dell’Economia guidato dall’esponente leghista Giancarlo Giorgetti e cercare di comprendere bene lo “scenario” che si spalancherà davanti all’Italia negli anni successivi. Il punto di partenza è la Nadef, la Nota che aggiorna le previsioni macro economiche del Paese per i prossimi anni. E che, come di consueto, delinea quelli che sono i possibili andamenti della spesa e del debito pubblico. All’orizzonte il cielo sopra i conti pubblici italiani non è sereno. Anzi, le nubi sono molte e cariche di pioggia. Il documento del Tesoro mostra il possibile andamento del debito pubblico italiano sotto vari scenari. L’unico modo per evitare che “esploda” è garantire nel prossimo decennio avanzi primari di rilievo. Significa che ogni anno le entrate dello Stato dovranno superare abbondantemente le spese. Di quanto? Secondo l’economista ed ex membro del board della Bce, Lorenzo Bini Smaghi,«nel prossimo decennio il surplus primario» dovrebbe continuare ad aumentare «fino a raggiungere il 3 per cento del Pil». Significa 60 miliardi l’anno di surplus nei conti. Nel 2012, in piena crisi del debito, il governo Monti portò l’avanzo primario dallo 0,9 per cento al 2 per cento del Pil. E per farlo ci volle la legge Fornero sulle pensioni, la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, il blocco dei contratti e del turn over nel pubblico impiego e tutte quelle politiche di austerity che sono rimaste impresse sulla pelle degli italiani. Va detto che sullo stato dei conti il governo Meloni ha poche responsabilità. Il primo presidente del Consiglio italiano donna ha preso le redini del Paese dopo gli anni della pandemia e della guerra in Ucraina, che hanno permesso ai predecessori una sorta di “tana-libera-tutti”. Niente limiti al deficit e al debito, con la Banca centrale europea a comprare a piene mani i titoli italiani emessi per finanziare tutte le misure decise dai governi Conte prima, e Draghi poi.

I FATTORI

Smontare la politica dei “bonus” e del “gratis”, tanto paga lo Stato col sostegno della Bce, non è semplice. Con un’altra complicazione di lungo periodo: la denatalità. Le culle italiane continuano a essere vuote, e se non nascono figli il sistema previdenziale e quello del welfare non tengono. Dunque vanno rivisti. Anche perché la sostenibilità delle pensioni è tra i principali fattori valutati dalle agenzie di rating per valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche. Avendo presente questo quadro, è più semplice leggere la manovra del governo e capire perché parla agli italiani per il 2024 (anno elettorale) e alle agenzie di rating come Moody’s e più in generale ai mercati dal 2025 in poi. Da gennaio i dipendenti sia pubblici sia privati continueranno a ricevere in busta paga fino a 100 euro al mese in più grazie a una riduzione dei contributi previdenziali. E i contribuenti che dichiarano fino a 50mila euro l’anno, avranno una riduzione delle tasse che arriverà a 260 euro. Queste due misure, da sole, valgono quasi 15 miliardi di euro, reperiti facendo deficit e debito. Ma a fine del prossimo anno scadranno. La prossima legge di Bilancio, se vorrà ancora confermarli, dovrà trovare altri 15 miliardi. Per l’opposizione si tratta di una sorta di “ipoteca” sui conti pubblici italiani. Qualcosa che assomiglia molto alle vecchie «clausole di salvaguardia» che aveva imposto l’Europa e poi cancellate durante la pandemia, e che prevedevano aumenti automatici dell’Iva se il Paese non avesse tenuto i conti in ordine. In questo caso la penalizzazione non sarebbe un aumento delle imposte, ma la scomparsa degli aiuti alle famiglie. Finanziandole solo per un anno, il governo fa una grande scommessa. Scommette cioè, che alcune misure “in canna” possano portare abbastanza gettito (o ridurre abbastanza la spesa) da permettere il rifinanziamento del taglio dei contributi e della riduzione dell’Irpef a sole tre aliquote. Tra queste ci sono, per esempio, alcune misure fiscali, come l’introduzione della Global minimum tax del 15 per cento sulle multinazionali, e la cancellazione dell’Ace, un incentivo alla patrimonializzazione delle imprese che da solo vale quasi 5 miliardi di euro, e l’introduzione del concordato biennale preventivo, in pratica un accordo con il Fisco sulle tasse da versare, per le partite Iva.

Si vedrà quante risorse queste misure riusciranno a portare. Poi c’è la manovra che parla a Moody’s, quella che include il “pacchetto pensioni” e i tagli alla spesa pubblica. Il primo incide in profondità nella carne della spesa previdenziale. Arrivando persino a rompere un tabù che sembrava intoccabile fin dalla legge Dini del 1994: la sostenibilità del sistema contributivo. Per la prima volta viene introdotto un tetto massimo alla pensione che in futuro prenderanno i giovani e che è già esattamente commisurata ai versamenti effettuati all’Inps. Viene cioè meno il principio del “ricevo quanto verso”. Chi uscirà a 64 anni con 20 di contributi, possibilità data ai pensionati contributivi, potrà ottenere un assegno lordo mensile al massimo pari (ai valori attuali) a cinque volte quello sociale: 2.500 euro, che tolte le tasse è poco più di 1.800 euro mensili. Sempre in tema di previdenza futura, in uno degli ultimi articoli del testo è spuntata – quasi di soppiatto – un’altra novità potenzialmente rivoluzionaria, seppur non immediata: nell’ambito del processo di revisione della spesa, un’apposita commissione valuterà il superamento del parametro attualmente usato per rivalutare pensioni e altre prestazioni sociali. L’indice dei prezzi al consumo potrebbe essere sostituito dal deflatore del Pil, che riferendosi ai soli beni e servizi prodotti nel Paese non tiene conto della cosiddetta “inflazione importata” come quella che si registra a seguito di shock energetici. L’operazione si tradurrebbe in sostanziali risparmi per lo Stato, a fronte di minori adeguamenti al costo della vita per pensionati e famiglie che percepiscono l’Assegno unico e universale.

SPENDING REVIEW

D’altra parte, una rapida occhiata proprio alla casella “spending review” nel Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles permette di constatare che questa voce dovrebbe assicurare qualcosa come 11 miliardi nel solo 2026, anno in cui secondo le previsioni la legge di Bilancio dovrà tornare a garantire una correzione (dopo anni di manovre a deficit) per riportare il disavanzo al di sotto del 3 per cento del Pil. E così nelle traiettorie pluriennali di contenimento della spesa iniziano a riapparire capitoli che sono stati al centro delle passate stagioni di austerità. Se i ministeri dovranno fare la loro parte, nello stesso articolo dedicato alle “Misure di revisione della spesa” sono chiamati alla cassa anche gli enti territoriali, Regioni, Comuni e Province. Le prime dovranno garantire dal 2024 al 2028 un contributo di 350 milioni l’anno, mentre agli enti locali ne sono richiesti 250. Cifre forse non imponenti, ma significativamente inserite in nome della «tutela dell’unità economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica». E ce ne potrebbe essere anche per il pubblico impiego. Se da una parte la manovra concede 5 miliardi l’anno per i prossimi rinnovi contrattuali, dall’altra ha fatto capolino nel testo, per poi dileguarsi almeno provvisoriamente, una non meglio precisata “Norma turn over” che rimanda ad altri tempi: quelli in cui la sostituzione del personale che andava in pensione era bloccata in tutto o in parte. Almeno sulla carta, il contrario dell’invocata esigenza di svecchiamento della macchina dello Stato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA