Menarini, un sorprendente 2023. Ora le nuove sfide, Lucia Aleotti:«Crescita negli Stati Uniti ma senza delocalizzazione»

Dopo un 2023 con l’aumento dell’80% del fatturato all’estero, le sfide dell’azienda farmaceutica italiana. Lucia Aleotti: «Non diminuisce l’attenzione al nostro Paese»

Menarini, un sorprendente 2023. Ora le nuove sfide, Lucia Aleotti:«Crescita negli Stati Uniti ma senza delocalizzazione»
di Carla Massi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 3 Aprile 2024, 13:01 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 08:06

A tre mesi dalla fine del 2023 in casa Menarini, l’azienda farmaceutica italiana con sede a Firenze, definisce il 2023 come «una vera sorpresa».

Perché gli Stati Uniti si sono rivelati come secondo Paese di sbocco, perché il gruppo ha ottenuto 4,375 miliardi di euro di fatturato, con una crescita del 5,3% rispetto al 2022, e un Ebitda fra i 340 e i 350 milioni di euro, perché ha prodotto 833 milioni di confezioni, di cui 609 internamente pari a un aumento del 9,3%. Quasi l’80% del fatturato è stato realizzato fuori dall’Italia.
«Un anno veramente interessante, con dei profili di sfida che si sono creati in varie parti del mondo e che affrontiamo - fa sapere Lucia Aleotti, azionista e membro del board di Menarini analizzando i dodici mesi del 2023 - Nella nostra traiettoria di sviluppo, lo scorso anno ha rappresentato un fortissimo investimento negli Stati Uniti. Focus, il mercato delle terapie contro i tumori solidi. Nel 2024 continueremo con la nostra crescita in Usa. Ma nessuna idea di delocalizzazione».

IN EUROPA 

America, dunque, ma anche nuovi “lanci” nel campo oncologico in Europa. Dal momento che, dopo quella della Fda (Agenzia americana del farmaco) è arrivata la registrazione europea del prodotto Menarini per il tumore metastatico al seno: Orserdu (elacestrant) di Stemline per il trattamento orale del carcinoma mammario ER+/HER2- avanzato o metastatico (con mutazioni di ESR1) per donne in post-menopausa e uomini adulti.
«Come azienda italiana ci tengo a sottolineare - prosegue Lucia Aleotti - che la nostra attenzione al Paese non diminuisce in parallelo alla nostra espansione internazionale. Soprattutto, continueremo con la nostra filosofia, quella dell’autofinanziamento: tutto l’utile che si crea anno per anno rimane in azienda, viene interamente reinvestito, da oltre venticinque anni tutto è reinvestito nella crescita». Dal far conoscere i risultati dell’azienda ad arrivare a considerazioni sul nostro governo e, soprattutto sull’Europa, è un attimo. Menarini chiede al governo di «lavorare molto sulla parte della burocrazia». Che vuol dire incentivi, formazione e procedure più snelle per essere competitivi con il resto dei Paesi. Sia per registrare i nuovi farmaci che per fare le sperimentazioni cliniche. Ma anche una nuova attenzione su un fenomeno strettamente medico che, però, presenta risvolti economici non di poco conto. Sia per le aziende sia per i conti sanitari del Paese. 
Parliamo del fenomeno dell’antibiotico-resistenza (porta alcuni microrganismi a sviluppare resistenza ad un medicinale antimicrobico) che costa ogni anno all’Italia 7 mila decessi e circa 800 milioni di euro in ricoveri per acuti conseguenti alle infezioni. Un danno economico di circa 200 milioni di euro in termini di perdita di produttività dei pazienti.
Secondo gli scenari disegnati dall’Ocse, relativi alle conseguenze economiche dell’antibiotico-resistenza, l’Italia (al quinto posto in Europa tra i Paesi ad alto reddito per indice di resistenza a questi medicinali dopo Lettonia, Irlanda, Slovacchia e Spagna) rischia di scontare, entro il 2030, fino a 4.608 giorni di ricovero in più l’anno per 100.000 abitanti, per il trattamento delle complicazioni, e di essere in cima alla lista per perdita di produttività pro capite tra i Paesi della Ue.

Lucia Aleotti, azionista e componente del board di Menarini


L’EMERGENZA 

«Si tratta di un’emergenza sociale ed economica - ricorda Lucia Aleotti - da affrontare presto. L’unico modello che può funzionare è quello che è già stato collaudato per i farmaci orfani. Con premi che vengono dati alle imprese che portano medicinali per le malattie rare. Non basta parlare di prevenzione.

Bisogna tenere presenti il lavoro e lo sforzo compiuti dall’azienda che sviluppa quel prodotto. Per giunta con difficoltà incredibili. Se le autorità, invece di dare un grande premio in modo da rendere attrattiva quest’area, continuano a guardare ai prezzi degli antibiotici di quindici anni fa, allora il messaggio che io ricevo come imprenditore e che ricevono gli analisti di tutto il mondo è dire alle aziende farmaceutiche “non investite nei nuovi antibiotici”».

© RIPRODUZIONE RISERVATA