Nikola Tesla: "Ho inventato il ventesimo secolo, ma chi lo ricorda?"

Nikola Tesla: "Ho inventato il ventesimo secolo, ma chi lo ricorda?"
di Marco Barbieri
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Giovedì 11 Agosto 2022, 13:10

È stato ricco, avrebbe potuto essere ricchissimo, è finito povero in canna. Come è successo? Un finale incredibile per chi come lei, Nikola Tesla, ha vinto la “guerra della corrente”. «Ho messo da parte il mio primo milione di dollari all’età di 40 anni, nel 1896, proprio l’anno in cui io e George Westinghouse ci prendemmo la definitiva vittoria su quell’improvvisato inventore…». Allude a Thomas Edison? Sia pure con i suoi sistemi ha fatto cose importanti, non penso meriti tanta spocchia. «Il suo metodo era estremamente inefficiente. Egli nutriva un autentico disprezzo per la cultura dei libri e la conoscenza matematica, fidandosi interamente del suo istinto di inventore e del suo senso pratico da americano». Sono le parole del suo necrologio in morte di Edison. «L’ho conosciuto bene, purtroppo. Ero giovanissimo, quando Edison mi offrì un premio di 50mila dollari nel caso fossi riuscito a migliorare le prestazioni delle dinamo a corrente continua. Accettai l’offerta. Trasformai le vecchie dinamo. L’efficienza era aumentata in modo sostanziale. Ma Edison si rifiutò di pagare il premio. Mi disse: “Tesla, lei non capisce il senso dell’umorismo americano”». Ma anche il suo socio Westinghouse le fece un brutto tiro, nonostante avesse vinto la sfida della corrente alternata, contro la corrente continua di Edison, grazie al lavoro che fece lei. «Dal novembre del 1896 in poi, in tutto il mondo le città installarono quasi unicamente centrali a corrente alternata. Stavo proprio per diventare uno degli uomini più ricchi del pianeta: secondo il contratto di licenza avrei dovuto incassare una percentuale per ogni motore elettrico venduto, e per ogni utilizzo dei brevetti sulla corrente alternata. Ma gli investitori spinsero Westinghouse a modificare il contratto. Per me Westinghouse era soprattutto un amico. Strappai il contratto e barattai la percentuale per i brevetti con un importo forfettario di 216mila dollari. In questo modo persi ogni diritto non soltanto sugli onorari già guadagnati, presumibilmente 12 milioni di dollari, ma anche sui miliardi che si sarebbero prodotti in futuro». Poco senso pratico? «Hanno detto di me che ero un poeta della scienza». Le hanno attribuito un’aura di magia. Nel film di Christopher Nolan, “The Prestige” (2006), David Bowie la interpreta come un mago, più che come un infaticabile studioso e inventore. «Mi piaceva stupire.

Mi esibivo spesso a New York. Chi veniva a vedermi non capiva mai se fossi un prestigiatore o uno studioso. Di me hanno detto che sono stato “l’uomo che ha inventato il Ventesimo secolo”. Dalle mie ricerche sono dipese le più innovative invenzioni che ancora lei e i suoi contemporanei usano: i sistemi elettrici polifase a corrente alternata della vostra rete elettrica, i motori a campo magnetico rotante dei vostri elettrodomestici, il tubo catodico dei vecchi televisori, il tachimetro/contachilometri delle automobili, le lampade a vuoto luminescenti (neon) degli uffici, le porte logiche dei pc, il radar per il controllo del traffico aereo o indispensabili strumenti di comunicazione moderna come la radio». Beh no, la radio no. Fu Guglielmo Marconi… «Anticipai Marconi di una decina d’anni. Esiste una sentenza della Corte Suprema che ha riconosciuto la vera paternità della radio a me. Ma ero un immigrato serbo, figlio di un prete ortodosso croato. Non un mangiaspaghetti ben introdotto nel gotha di quelli che contano. Vinse anche il Nobel, lui. Io no. Nemmeno Edison però». Per molti, oggi, lei è poco più che il marchio di successo di Elon Musk. «Mi hanno detto che hanno dato il mio nome a una casa automobilistica, che ha prodotto le prime vetture elettriche. In realtà io puntavo al teletrasporto». Stiamo scivolando dalla scienza alla fantascienza. «Ma quale fantascienza! Si legga la mia autobiografia, “Le mie invenzioni”. Mi chiamarono pazzo nel 1896 quando annunciai la scoperta dei raggi cosmici. Ripetutamente si presero gioco di me e poi, anni dopo, hanno visto che avevo ragione». Ma un po’ strano lei lo era. Tendenza all’isolamento, memoria implacabile. Ossessione per igiene e pulizia. Disinteresse per la sessualità. Quasi innamorato di un piccione… «Amavo quel piccione come un uomo ama una donna. Finché è stato con me, la mia vita aveva uno scopo». Non dica così, dà ragione a chi la prese per matto. «La mia vita è stata un’estasi continua. Un comportamento antisociale è un tratto d’intelligenza in un mondo pieno di conformisti. Io ero Tesla». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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