Madri, casalinghe o badanti costrette a lasciare il lavoro. «Oltre la metà rinuncia a un impiego», il report

Madri, casalinghe o badanti costrette a lasciare il lavoro. «Oltre la metà rinuncia a un impiego», il report
di Valentina Venturi
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Sabato 20 Gennaio 2024, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Gennaio, 15:14

Mentre in Francia il congedo parentale diventa "congedo di nascita" della durata di sei mesi e per entrambi i genitori, in Italia il lavoro a casa resta una prerogativa della madre che si ritrova, suo malgrado, a dover fare una scelta strategica tra professione e famiglia. Il 53% delle donne è infatti uscita dal mondo del lavoro per dedicarsi alla cura familiare, al contrario degli uomini la cui percentuale è solo dell'8%. Non sono numeri casuali, ma dati che emergono dal primo Osservatorio "Il potenziale del lavoro domestico Proposte di intervento", di Nuova Collaborazione (Associazione nazionale datori di lavoro domestico), redatto dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino e realizzato con l'obiettivo di esplorare il ruolo e l'evoluzione del lavoro domestico nel contesto socioeconomico italiano.
Analizzando i dati, emerge incontrovertibile lo sbilanciamento del lavoro di cura, quasi tutto sulle spalle delle donne: se si considera la disponibilità a lavorare, il 21% delle donne fuori dal mercato del lavoro è frenata dagli impegni familiari, rispetto al 5% degli uomini. Anche la possibilità di un impiego part-time rimarca il divario tra i generi: lo scelgono il 32% delle donne, a fronte di meno dell'8% per gli uomini.

LE TUTELE

«L'obiettivo dell'approfondita analisi» dichiara Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione «è quello di sviluppare proposte concrete da presentare alle istituzioni per affrontare le sfide del settore, che è particolarmente vulnerabile a causa di una vasta presenza di lavoro non dichiarato e irregolare. Questo stato di fatto rappresenta un rischio sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, in quanto entrambi si trovano senza adeguate tutele». La ricerca realizzata da Giuseppe Russo, Ivan Lagrosa e Alessandro Stanchi edita da Guerini e Associati a novembre 2023), documenta quanto il lavoro di cura, perno su cui si basa il "Sistema Famiglia", ad oggi non sia supportato né da adeguate politiche né da agevolazioni fiscali; le poche facilitazioni esistenti non coprono i costi del lavoro domestico, come ad esempio lo stipendio di una badante per persone non autosufficienti.
Eppure l'impegno tra le mura domestiche è fondante per l'equilibrio tra lavoro e realtà familiare e crea un impatto maggiore sulle famiglie meno abbienti: il 35% delle famiglie sarebbe costretto a diminuire o cessare l'attività lavorativa in assenza di colf, badanti e baby-sitter, mentre la percentuale sale al 50% se si considerano le famiglie a basso reddito. Da qui affiora netta la disparità di genere: senza un aiuto esterno le donne sacrificano la carriera, specialmente quando non ci sono baby-sitter (85% riduce l'impegno lavorativo) o una badante (più della metà non potrebbe impiegare un familiare).
Secondo Filippo Breccia Fratadocchi, vicepresidente di Nuova Collaborazione, una soluzione potrebbe essere la deducibilità del costo del lavoro domestico: «Nuova Collaborazione si batte per estendere la deducibilità a tutto il costo del lavoro domestico, quindi contribuzione e retribuzione del lavoratore.

LA PROPOSTA

Questo intervento avrebbe effetti positivi non solo nell'assistenza agli anziani, in un Paese che diventa sempre più vecchio come età media, ma sarebbe un sostegno anche alle giovani coppie e alle donne, troppo spesso costrette a scegliere tra rinunciare alla carriera o alla maternità». La proposta di nuovo piano di welfare introdurrebbe un intervento fiscale di assistenza bambini progettato per sostenere i genitori nel mercato del lavoro e nella formazione, estendendo i confini dell'attuale sistema di bonus per l'infanzia, ampliandolo al pagamento per servizi di assistenza domiciliare fino a raggiungere i 12 anni di età dei figli.

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