Claudia Parzani, presidente della Borsa italiana: «Più donne nei cda, è un affare per tutti»

La presidente della Borsa italiana Parzani: «Più donne nei cda, è un affare per tutti»
di Giusy Franzese
4 Minuti di Lettura
Sabato 15 Ottobre 2022, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 13:07

 Cresce la squadra delle manager che siede nei cda e nei collegi sindacali delle società quotate in Borsa. In dieci anni la presenza femminile nei board è passata dal 7% a oltre il 41%. In Europa solo la Francia ha più donne manager nei posti chiave, (il 45,3%), come ha evidenziato l'Istat nel Rapporto sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell'Agenda Onu 2030.


Claudia Parzani, dallo scorso aprile presidente della Borsa Italiana, prima donna a ricoprire questo ruolo. Non a tutti piacciono le quote rose. Secondo lei saremmo arrivati allo stesso risultato se non ci fosse stato l'obbligo della legge Golfo-Mosca?
«Sogniamo tutti un mondo guidato dal merito. In ogni campo. Senza temi di genere, generazione o geografia, razza o etnia, background personale. In alcuni casi però, per avere un impatto e dare opportunità a chi magari non ne avrebbe avute diversamente o non con gli stessi tempi, credo che possa essere utile una forzatura del sistema. Le quote di genere sono state necessarie in Italia per dare alle donne l'opportunità di ricoprire posizioni che non sarebbero arrivate a ricoprire in tempi così brevi. Numerose ricerche poi spiegano che l'ingresso delle donne ha portato a una modifica delle caratteristiche dei board members, abbassandone l'età media, innalzandone la quota di laureati e aumentandone la diversificazione dei profili professionali. I board si sono ripensati. Un fatto molto positivo nell'interesse del business e nella direzione del merito».


L'Istat evidenzia che negli ultimi 10 anni è rimasta stabile la quota di donne che ricoprono posizioni dirigenziali e intermedie (23% contro il 20% del 2011). Come lo spiega?
«Nonostante le donne abbiano le competenze e le abilità per ricoprire ruoli dirigenziali e manageriali, al pari degli uomini, ci sono ancora troppi ostacoli che impediscono loro di progredire nel mondo lavorativo. Sicuramente il principale resta la discriminazione di genere, il fatto che a parità di condizioni e competenze in molti contesti sono ancora privilegiati gli uomini per diversi motivi per lo più legati agli stereotipi che sono integrati nella nostra cultura e parlano di donne che non possono ambire a determinati ruoli perché maschili, non adatti a loro che crescono con la paura di non avere tutte le caratteristiche necessarie, di chiedere, di essere considerate troppo ambiziose».


Sono sempre troppo poche le donne che ricoprono i ruoli di amministratore delegato e di presidente: meno del 2%. Pregiudizi, resistenze maschili, o altro?
«Ecco appunto il tema della cultura. Non dimentichiamoci poi che per ognuno di noi è più facile fidarsi e circondarsi di persone con cui si lavora da sempre e ovviamente la fotografia dei luoghi di potere vede ancora prevalentemente uomini. Dobbiamo rivedere il nostro modo di interpretare il potere, guardare a nuovi modelli di leadership, dobbiamo lasciare andare i pregiudizi e creare spazi in cui le donne, ma anche i giovani, possano più facilmente contribuire, sentirsi al posto giusto, sapere che portano valore e vederlo riconosciuto. Un nuovo modello di potere basato sulla condivisione, sull'ascolto, sull'attenzione verso gli altri, sull'inclusione».

Lavoro, ancora discriminazioni per età e genere: per 9 italiani su 10 l'inclusione è fondamentale


Lei ha raggiunto ruoli apicali (oltre che della Borsa è anche presidente di Allianz Italia Spa) senza quote: è stato un percorso complicato oppure un'evoluzione naturale della sua carriera?
«Non so se senza la legge sulle quote di genere e senza l'attenzione che si è creata sul tema io avrei raggiunto le stesse cose. Difficile dirlo con certezza, anche se in cuor mio io penso mi abbiano aiutata. E anche molto. Mi hanno aiutata ad essere notata, ad avere un'opportunità da giocarmi in un mondo che cambiava. Non posso dire di non aver trovato ostacoli sul mio percorso, ma sono una persona del fare e ho sempre cercato di superarli mettendoci impegno, coraggio, competenza, dedizione e una buona dose di ottimismo condito con grande ironia. Oltre all'assoluta convinzione che ogni donna ha anche la responsabilità di rappresentare le altre, di creare spazio anche per loro e non si può arrendere perché vorrebbe dire una in meno. Quando le cose per me sono state complicate ho spesso pensato alle mie tre figlie e alle loro amiche».


Il governo uscente ha lanciato il bollino rosa, una sorta di certificazione per le aziende che valorizzano la parità di genere. Crede che possa essere uno stimolo in più a ridurre il gap, anche quello salariale, ancora presente in molte aziende?
«Certamente è uno strumento concreto per incoraggiare le imprese italiane a favorire l'occupazione femminile e la parità di genere e salariale. Si tratta ovviamente di un passo in un cammino lungo e complesso ma segna la direzione e contribuisce a quel cambiamento nella cultura aziendale necessario per disincentivare prassi discriminatorie. L'investimento nel talento femminine, come nelle giovani generazioni, è conveniente per l'impresa ma anche per il Paese e l'intero sistema economico. Non dimentichiamolo mai».

Ucraina guerra, 60mila donne soldato. Olga, Kateryna e Maryana: chi sono le eroine al fronte

© RIPRODUZIONE RISERVATA