Denunciate con l'accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione le tre titolari: una 47enne residente a Montesilvano, una 48enne e una 62enne, tutte e due residenti a Pescara. Queste ultime gestivano ciascuna due attività, mentre la 47enne solo il centro “Stellina” di Montesilvano. Le due donne più giovani si prostituivano pure. Ed è questo uno dei motivi per cui si ritiene che in realtà fossero delle prestanomi. Le indagini della mobile infatti proseguono per capire se dietro tali centri, all'apparenza senza collegamenti fra loro, vi sia un'organizzazione e quindi una regia unica e per comprendere dove siano finiti i tanti soldi che incassavano. E' stato ricostruito un giro d'affari di almeno 50 mila euro al mese. Ogni centro fruttava mensilmente 10 mila euro. Oltre alla titolare prestanome, in ciascuna attività lavoravano due ragazze e forse anche di più, reclutate nelle campagne della Cina, in condizioni igieniche a dir poco precarie.
Per evitare controlli, avevano un regolare contratto di lavoro subordinato. Anche i centri, aperti nel 2015, avevano una licenza per praticare massaggi. Per stimolare la curiosità dei frequentatori e fare in modo che non perdessero interesse, c'era un ricambio continuo di prostitute. Nel corso delle indagini, fatte di appostamenti, intercettazioni telefoniche e testimonianze di decine e decine di clienti, si è anche scoperto che di tanto in tanto cambiavano gli intestatari dei centri e la compagine societaria. Il che fa ritenere che a tenerne le fila vi fosse una vera e propria organizzazione. Ieri sono state effettuate, oltre ai sequestri, anche una serie di perquisizioni, fondamentali proprio per il proseguo delle indagini. "Puntiamo ora – spiega Muriana - alla filiera attraverso la quale sono stati riciclati i soldi incassati".
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