«Abbiamo dovuto usare la motosega per attraversare la nostra campagna. Era una selva di alberi abbattuti e rami spezzati». Inizia con la descrizione del raid vandalico nella campagna dell’ex sindaco di Farnese Dario Pomarè la testimonianza della moglie chiamata a raccontare i fatti del 2015. Fatti per cui è processo la famiglia Pira, il padre Antonio e figli Marco e Paolo.
I tre imputati, assistiti dagli avvocati Giuseppe Picchiarelli e Angelo Di Silvio, sono accusati di atti persecutori, furti aggravati, abigeato, detenzione e porto abusivo di armi clandestine, nonché uccisione di animali. Al febbraio 2015 a Farnese, avrebbero abbattuto 160 olivi, massacrato a bastonate due cani e ucciso galline e piccioni. Non solo, avrebbero dato fuoco a un casolare, a un trattore e all’auto di Pomarè, che nel processo si è costituito parte civile ed è assistito dall’avvocato Elisabetta Centogambe.
«Vandali, sono vandali - urla la moglie ottantenne della parte civile -, quel giorno abbiamo trovato un disastro.
A far scattare gli atti intimidatori nei confronti dei Pomarè sarebbe stato un esposto presentato da 40 firmatari per la regolamentazione dei terreni a uso civico di Farnese. Un provvedimento che avrebbe costretto i Pira a perdere circa 60 ettari di fondi agricoli a uso pascolo, di cui si erano appropriati nel tempo. I Pira secondo l’accusa avrebbero voluto vendicarsi di tutti e 40 i firmatari, ma l'inchiesta Terra Madre dei carabinieri è riuscita a bloccare i loro intenti.