«Prevenzione e informazione». Così la polizia postale combatte i cyber reati

«Prevenzione e informazione». Così la polizia postale combatte i cyber reati
di Luca Telli
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Lunedì 8 Maggio 2023, 19:38

Una certezza: «la prima sorveglianza parte dalla famiglia». E una convinzione: «attraverso un lavoro di sensibilizzazione si può fare molto». Contro i reati in rete la polizia postale di Viterbo combatte in prima linea. «Reati odiosi – spiega il comandante Averaldo Piazzolla – che, come nel caso del cyberbullismo, spesso non vengono percepiti come tali da chi li commette: un po’ per ignoranza, un po’ perché troppo spesso non si sente scottare che la propria pelle».

I tratti sono quelli di «una piaga sociale», gli effetti dei quali si verificano in maniera più rapida rispetto al passato «perché l’informazione, di qualsiasi tipo, corre a velocità tripla nel mondo digitale», con conseguenze amplificate: «perché il teatro non una scuola o un cortile, ma il mondo», in grado, quindi, di lasciare impronte molto più profonde.  «Ferite che non si rimarginano – aggiunge Piazzolla - i file che circolano in rete sono eterni e non è contemplato il diritto all’oblio».

Un atto persecutorio «vero e proprio – continua Piazzola – contro il quale l’unica cura è la prevenzione: intervenire prima che un determinato atto si verifichi». Per questo, da un paio d’anni a questa parte, la polizia postale attraversa le aule delle scuole di tutta la provincia: «l’adolescenza è il momento più a rischio: la nostra azione parte dall’ultimo anno delle elementari fino al liceo».

E i risultati si vedono: «sembra ci sia una leggera flessione nei numeri delle denunce, ma i dati devono interessare fino a un certo punto: c’è un sommerso di silenzio e vergogna».

Racconta, Pezzolla, un episodio accaduto in una scuola del viterbese: «Stavamo parlando di bullismo quando uno dei ragazzi è scoppiato a piangere ed è uscito dall’aula: era stato, o era ancora, una vittima».

L’approccio con gli studenti non è sempre facile: «ma per una parte che resta sorda c’è la maggioranza che ascolta. Sono ragazzi che hanno massimo 18 anni, il nostro compito è metterli davanti alla verità dietro questi tipi reati: oltre a quella del prossimo si rovina anche la propria vita, perché il rischio è quello di una condanna». I consigli, per non cadere nella rete sono semplici: «non fidatevi di uno sconosciuto che vi contatta, lo schermo di un computer è un velo di anonimato spesso difficile da tagliare». Per chi, invece, purtroppo è finito nel vortice: «Chiedete aiuto. Denunciate, non restate in silenzio».

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