Per l'omicidio di via S. Luca parla l'imputato Pang: «Ho colpito Fedeli per difendermi»

Omicidio Norveo Fedeli, a destra Micheal Pang
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Martedì 15 Settembre 2020, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 20:14

«Ho colpito Norveli Fedeli per difendermi». E’ il giorno di Micheal Aron Pang. Il ventenne americano, difeso dagli avvocati Remigio Sicilia e Giampiero Crescienzi, che il 3 maggio del 2019 ha ucciso a colpi di sgabello il commerciante di via San Luca, racconta la sua versione dei fatti alla Corte d’Assise. Pang è accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.

Quasi quattro ore di parole tradotte in simultanea per spiegare ai giudici come è arrivato a togliere la vita al 73enne viterbese. «Avevo paura - ripete continuamente - ero terrorizzato». Prima di arrivare al terrore che, secondo l’imputato sarebbe stata la molla delle sue azioni, racconta la storia dal principio. Una storia che ha cambiato il corso di molte vite. A partire da quelle dei familiari della vittima, parte civile nel processo e assistiti dall'avvocato Fausto Barili.

«Sono entrato per la prima volta nel negozio di via San Luca a fine aprile - dice Pang -, ho provato e scelto dei vestiti ma quando è arrivato il momento di pagare la mia carta di credito non ha autorizzato la transazione. Così, tramite Google Traslate, ho detto a Fedeli che sarei tornato a pagare. Il giorno dopo sono entrato di nuovo nello store ma di nuovo il pagamento non ha funzionato. Mentre andavo via ho visto che discretamente mi stava fotografando. Non mi sono preoccupato ma mi è sembrato strano».

Pang non torna subito a pagare la merce che aveva scelto, maglie e jeans per seicento euro e non controlla nemmeno se sul suo conto corrente ci sono ancora dei soldi. «Sono rientrato nel negozio il 3 maggio. Ho provato a pagare e la carta di nuovo non è passata. Fedeli a quel punto a iniziato a gridarmi contro, mi ha accerchiato. Volevo scappare ma non potevo. Ho iniziato ad avere paura. Non capisco cosa stesse dicendo. Poi mi ha afferrato da dietro per il collo. Per liberarmi dalla morsa gli ho sferrato un pugno sul viso. Fedeli ha lasciato la presa ma ha afferrato un coltello. Ero spaventato perché ha iniziato ad attaccarmi col coltello. Mi infilzava. Durante la colluttazione è caduto e a quel punto ero completamente nel panico pensavo volesse uccidermi e ho cercato qualcosa per difendermi. Ho preso lo sgabello e colpito».

Michel, nonostante le pressanti domande del pm Eliana Dolce e della parte civile, non ricorda quante volte ha sferrato lo sgabello contro Fedeli. «Mentre lo colpivo urlava - dice ancora - poi non si muoveva più. Ho smesso e mi sono avvicinato per sentire se ancora respirava. C’era tanta confusione all’esterno e non sentivo, così ho preso il corpo dalla cinta e l’ho spostato nel retro del negozio. Mentre lo trascinavo sono inciampato e con la scarpa sono finito sulla sua testa. Poi non ho capito più nulla. Ho cercato le telecamere, che non c’erano, preso tutto quello che potesse collegarmi a lui: il telefono per la foto, il portafogli per le ricevute della carta di credito, il laptop, i vestiti che volevo comprare e il coltello. Mi sono cambiato e sono fuggito. Ho avuto l’istinto di scappare. Magari fossi fuggito prima».

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