Omicidio delle Saline, l'ossessione del killer dietro l'agguato fatale

Claudio Cesaris
di Maria Letizia Riganelli
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Martedì 17 Ottobre 2023, 05:20

Ossessionato, arrabbiato e ferito. Ma anche determinato e pericoloso. Così i giudici della Corte d’Assise di Roma, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, descrivono Claudio Cesaris. Il 70enne di Pavia che il 7 dicembre 2022 nel parcheggio delle Saline a Tarquinia ha ucciso con due colpi di pistola il professore dell’Unitus Dario Angeletti. Cesaris è stato condannato a 25 anni e due mesi di reclusione lo scorso 10 maggio. E da alcune settimane ha lasciato il carcere di Rebibbia per problemi di salute.

Al momento si trova ai domiciliari, dove sta continuando a scontare la pena. I difensori dell’imputato in questi giorni hanno presentato appello. Nelle oltre 90 pagine di motivazioni i giudici scrivono più volte le stesse parole: rancore, rabbia e forme ossessive di controllo. Si troverebbero proprio qui le origini del gesto compito da Cesaris. «Il movente - si legge nella sentenza - che ha armato la mano del Cesaris, ovvero il non aver accettato la fine della relazione sentimentale e la gelosia verso la ricercatrice, a lungo covata e cresciuto con forme ossessive di controllo della sua vita, sono andati di pari asso al rancore e alla rabbia verso ogni possibile ostacolo alla ripresa della relazione. L’ignaro professore questo rappresentava nell’insana ossessione di Cesaris, che per questo ha meticolosamente e con calma pianificato la sua eliminazione, tenendoli un agguato vigliacco».

L’omicidio, in base a quanto ricostruito, sarebbe arrivato come gesto estremo di Cesaris per eliminare l’uomo, che secondo lui, rappresentava l’ostacolo per far ripartire la relazione sentimentale con la ricercatrice. La donna aveva avuto una relazione con lui a Pavia poi dopo aver troncato il rapporto ha deciso di stabilirsi a Viterbo, lavorando all’Università della Tuscia.

Nello stesso dipartimento della vittima. «Occorre partire da molto lontano - scrivono ancora i giudici - per comprendere quello che è stato solo l’ultimo, insano gesto dell’imputato». Tutto ruota intorno alla ricercatrice. «Alla donna - si legge nella sentenza - si continuava ad approcciare alternando momenti di cedimento e quasi di supplica perché rivedesse la sua decisione e riprendesse la relazione, a momenti di rabbia e rancore verso colui che riteneva responsabile della sua chiusura, al punto da elaborare pensieri ossessivi su chiunque entrasse nel circuito relazione della donna come dimostrano le iniziali attenzioni verso altre persone, poi spostate tutte sulla figura di Angeletti».

L’omicidio del professore per la Corte d’Assise è premeditato e aggravato da futili motivi. «La causale dell’omicidio, la lucida scelta del tempo, del luogo e dei mezzi della sua esecuzione, dopo una prolungata attività di studio e monitoraggio della vittima; la predisposizione dell’arma, l’aver adottato tutte le cautele per evitare di essere individuato, nonché le concrete modalità dell’azione omicidiaria con il pedinamento del professore (attirato con l’inganno) e la condotta tenuta subito dopo la commissione del delitto (ripulito le tracce) sono rivelatori di quel processo psicologico di intensa riflessione e di fredda determinazione che caratterizza la premeditazione». L’unico delitto per cui Cesaris è stato assolto è lo stalking nei confronti della ricercatrice: «Le condotte di Cesaris, moleste e talvolta offensive, non sono mai state minacciose».

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