“Mi hanno sbattuta a 120 chilometri da casa. Tutto per un errore materiale di calcolo nella distribuzione dei posti tra una graduatoria e l’altra. Così il mio sogno rischia di trasformarsi in un incubo. E se lo sbaglio non sarà sanato, farò ricorso al giudice del lavoro”. La delusione e l’amarezza sono il timbro di questa docente che, dopo circa dieci anni di precario, ha ottenuto l’immissione in ruolo. Racconta la sua storia ma chiede l’anonimato: con l’aiuto dello Snals, sta aspettando risposte dall’Usr affinché corregga lo sbaglio che l’ha portata a ottenere una cattedra in provincia di Roma, anziché a Viterbo. E teme che rivelarne l’identità non aiuti a trovare la soluzione. Intanto, il sindacato ha già contattato l’avvocato: se per lunedì la situazione non verrà superata, sarà chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Viterbo.
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“Avevo sperato tanto che questa fosse la volta buona: la fine del precariato, la possibilità di seminare i frutti della conoscenza nei ragazzi e vederli sbocciare, anziché cambiare scuola di anno in anno. E invece il peggior incubo si è materializzato”, si sfoga la prof. Non ha ancora idea di cosa deciderà: “Non ci dormo la notte. Sto vagliando tutte le ipotesi. Accettare la cattedra in provincia di Roma – ragiona a voce alta - significa che per almeno tre anni dovrò lavorare da pendolare. Sarà fattibile prendere l’auto dal punto di vista economico e della sicurezza mia personale? Mi converrebbe affittare casa? Ma anche questa soluzione, al di là del costo, avrebbe conseguenze pesanti sulla mia vita familiare”.
La speranza della docente è quella che l’Usr ammetta l’errore nel conteggio e torni sui propri passi, assegnandole il posto che le sarebbe spettato vicino casa. Se così non fosse? “Non ho ancora deciso. Non so se potrò accettare, se – risponde - sarà sostenibile per me e per la mia famiglia. Potrei essere costretta a rinunciare al posto fisso e restare precaria pur di farlo vicino casa”.