Civita Castellana, stop della ceramica: per la riapertura si punta sul decreto di Conte

Civita Castellana, stop della ceramica: per la riapertura si punta sul decreto di Conte
di Ugo Baldi
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Giovedì 9 Aprile 2020, 11:10 - Ultimo aggiornamento: 11:18

Gli imprenditori del distretto della ceramica di Civita Castellana (Viterbo)  vanno in pressing. Anche se con posizioni leggermente diverse, Unindustria ceramica e Federlazio attendono una convocazione della Regione Lazio. Ma intanto sperano anche che il Governo, con il prossimo decreto per le imprese, fornisca la possibilità di ripartire, sempre con la salvaguardia della salute messa al primo posto.

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Lo stesso pensiero vale per alcuni sindaci del comprensorio. Il fermo interessa oltre duemila lavoratori, che sono in cassa integrazione, e decine di aziende dell’indotto che sbuffano. «Io auspico – dice il presidente Federlazio Viterbo, e imprenditore della ceramica, Gianni Calisti - dopo la nota consegnata dalla nostra associazione alla Regione, che venga presa in considerazione per permetterci di smaltire il materiale che giace da giorni nei magazzini, e che non siamo riusciti a spedire entro il 25 marzo. Con la situazione che stiamo vivendo rischiamo di spegnere il motore».

Calisti guarda anche a Palazzo Chigi: «Ci attendiamo di essere presi in considerazione nel decreto che sarà firmato da Conte nei prossimi giorni, per essere inseriti nella lista delle attività manufatturiere che rischiano di andare in depressione». Anche i sindaci del comprensorio, se pure su posizione diversee si agitano. Perché dopo la crisi sanitaria rischiano di trovarsi davanti a una crisi economica e sociale che sarà difficile da gestire.
«Stiamo lavorando – ha detto quello di Civita Castellana, Franco Caprioli - per soddisfare le esigenze di tutti. Ho avuto contatti con le associazioni imprenditoriali e sindacali per fare una sintesi, che dovrà avere al primo posto la sicurezza della salute».

I colleghi di Nepi, Franco Vita, e quello di Gallese, Danilo Piersanti, sono stati più diretti. «Se la Regione – hanno detto – ha la possibilità con una deroga di far riprendere alcuni settori, o reparti delle nostre aziende, è bene che ascolti le loro esigenze. Se c’è stato un precedente in Emilia Romagna, che ha più problematiche di noi come salute, si prendano in considerazione le richieste dei nostri imprenditori». 

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