Vaticano, vescovo-eroe torna in carcere (e rinuncia all'esilio) per non abbandonare la sua gente in Nicaragua

La settimana scorsa, i media avevano annunciato il rilascio del vescovo condannato a una pena detentiva di 26 anni

Vaticano, vescovo-eroe torna in carcere (e rinuncia all'esilio) per non abbandonare la sua gente in Nicaragua
di Franca Giansoldati
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Sabato 15 Luglio 2023, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 07:19

C'è un vescovo-eroe in carcere da mesi che sta offrendo alla Chiesa intera (e anche al Vaticano) il modello di pastore da seguire: irremovibile nei principi e nel difendere chi è oppresso ingiustamente al punto da respingere ogni compromesso a suo beneficio. Monsignor Rolando Alvarez ha, infatti, rifiutato la scarcerazione che gli veniva offerta dal regime nicaraguense di Ortega: una  proposta che gli era arrivata dopo mesi di pressing diplomatico da parte della Unione Europea, degli Usa, dal Brasile, dal Vaticano. Ma per non abbandonare la sua gente, visto che avrebbe dovuto scegliere l'esilio, ha preferito tornare in cella sfoderando la più potente delle armi diplomatiche: la resistenza.  La settimana scorsa, i media avevano annunciato il rilascio del vescovo condannato a una pena detentiva di 26 anni, sulla base di accuse farlocche e inventate di tradimento. 

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Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega da alcuni anni ha scatenato una guerra senza quartiere contro la Chiesa cattolica che considera una fiancheggiatrice degli oppositori.

La crisi si è aperta nel 2018 quando tanti vescovi avevano tentato di mediare tra il governo e i manifestanti pro-democrazia. Da allora è stato un continuo di arresti di sacerdoti, seminaristi, ordini religiosi. Sono seguite chiusure delle scuole cattoliche, il congelamento dei conti correnti e persino la cacciata del nunzio apostolico. Il vescovo Alvarez non ha mai smesso di alzare la voce davanti ai soprusi e alla cancellazione delle prerogative costituzionali 

A febbraio, Ortega ha rilasciato più di 200 prigionieri politici, tra cui diversi sacerdoti e seminaristi cattolici. Sono stati privati della nazionalità nicaraguense e sono stati spediti in esilio negli Stati Uniti. Il vescovo Álvarez - che all'epoca era agli arresti domiciliari – avendo rifiutato l'ordine di Ortega di andarsene negli Usa è stato incarcerato e condannato a più di 26 anni di carcere attraverso un processo farsa.

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La reazione della comunità mondiale è stata immediata. Sono intervenuti gli Usa, le Nazioni Unite, il Brasile, l'Unione Europea. Papa Francesco, ha paragonato il governo di Ortega a quello della Germania di Hitler e il presidente nicaraguense ha risposto con l'espulsione del nunzio apostolico. Se il vescovo Alvarez è diventata una bandiera per la libertà, continua a sollevare sempre più dubbi la condotta del cardinale di Managua, Leopoldo Brenes, che dal 2018 in poi evita ogni tipo di contrasto con Ortega al punto che i fedeli, diversi preti e seminaristi hanno scritto diverse lettere (anche in Vaticano) per sollevare dubbi sulla sua condotta percepita come troppo remissiva, se non contigua a quella di Ortega. 

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Brenes in questi mesi, ha annotato Luis Badilla del sito para-vaticano Il Sismografo - ha evitato di commentare le misure repressive di Orgega, dicendo di non saperne nulla, di non vedere Alvarez da mesi, che era stato visitato solo da parenti, e che non c'erano negoziazioni in corso. Già in passato Brenes si era comportato allo stesso modo dicendo di non sapere nulla sul confisca dei soldi delle diocesi custoditi nelle banche, e prima ancora ha taciuto in diverse occasioni in cui Ortega ha ordinato nuove azioni repressive contro la chiesa locale. Mesi fa, dopo una visita in Vaticano, nel bel mezzo di una crisi, Brenes ha sostenuto che tutto andava bene e che si stava dialogando con il governo. Giorni dopo, Ortega, ordinò di sospendere i rapporti diplomatici con il Vaticano.

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