«Il clero del Nicaragua scriva a Papa Francesco perchè ci difenda dalla persecuzione di Ortega»: il manifesto choc di un prete

«Il clero del Nicaragua scriva a Papa Francesco perchè ci difenda dalla persecuzione di Ortega»: il manifesto choc di un prete
di Franca Giansoldati
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Domenica 28 Maggio 2023, 12:10 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 09:52

Città del Vaticano - L'ultimo atto contro la Chiesa in Nicaragua deciso da Ortega è il congelamento dei conti correnti delle diocesi cattoliche, a cui ha fatto seguito la confisca dei beni di associazioni varie, l'arresto di decine di parroci, l'espulsione di intere comunità di suore, l'esilio forzato di alcuni vescovi mentre altri sono dietro le sbarre. Le relazioni tra il governo dell'ex guerrigliero sandinista e il Vaticano sono ai minimi storici dopo l'espulsione del nunzio apostolico e l'interruzione dei rapporti diplomatici. Davanti a questo quadro desolante e grave Papa Francesco finora ha mantenuto la linea del silenzio, escludendo due timidi riferimenti pubblici in cui chiedeva preghiere per quello che stava accadendo nel paese latinoamericano. 

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In questi giorni un parroco finito già nei guai per aver arringato la folla a sollevarsi contro “la coppia assassina” - in riferimento al presidente Ortega e a sua moglie Rosaria che ricopre l'incarico di vice presidente – ha diffuso sul web una sorta di manifesto nel quale incoraggia tutti i preti e le religiose nicaraguensi a informare Bergoglio nel dettaglio, raccontandogli via mail quello che sta accadendo.

Il testo di padre Benito Enrique Martinez (accusato dalle autorità di cospirare contro ì l'integrità nazionale) sta rimbalzando via whatsapp. “Propongo, come primo passo, di rivolgerci al Successore di Pietro, per informarlo dettagliatamente di quanto accade e continua ad accadere a quella Chiesa, di cui è il primo responsabile. Scriviamo tutti al Papa, facciamoci ascoltare da lui, sia da chi è fuori che da chi è dentro il nostro Paese” si legge.

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Padre Benito Enrique Martínez scrive: «fratelli sacerdoti, vi parlerò con il cuore in mano: ho visto con tristezza l'abbandono in cui ci troviamo, non solo i sacerdoti che sono fuori, espatriati, ma gli stessi sacerdoti che sono dentro il Nicaragua e quindi i poveri fedeli. La Chiesa è caduta in una tremenda impotenza; tutti hanno cercato il modo di sopravvivere a questa catastrofe; la maggioranza è rimasta in silenzio per paura del Governo; abbiamo assistito all'espulsione del Nunzio e nessuna voce l'ha condannata; hanno espulso le Suore di Madre Teresa Calcutta e nessuno ha detto niente; hanno espulso e confiscato le Madri contemplative di Lovago, hanno confiscato le nostre università e nessuno ha aperto bocca, nessuno dice una sola parola e così il malgoverno ci ha ingoiati uno ad uno, perché siamo soli, senza alcuna difesa».

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Il sacerdote punta il dito contro i vescovi che fiancheggiano Ortega. Alcuni per vigliaccheria, altri per paura e altri «impegnati a curare la terra, il bestiame e l'azienda agricola come ricompensa per il loro silenzio. In altre parole non sappiamo se il gregge è nelle mani di fiduciari o di mercenari. I veri fiduciari non ci sono più: Alvarez, è in prigione; Mata è in pensione e Baez è in esilio. Noi siamo per strada...».

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«E anche noi, sacerdoti espulsi, esiliati, ex detenuti, siamo rimasti in silenzio, come se guardassimo i tori dal recinto, davanti a una Chiesa ferita, picchiata, massacrata; davanti a quella Chiesa che ci ha dato la Vita nel battesimo e ci ha unto per fare di noi un sacerdozio regale, una nazione santa.»

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Nonostante l'elenco minuzioso delle persecuzioni in Nicaragua la linea finora adottata dal Vaticano è stata improntata alla massima prudenza. Anche durante il corposo discorso agli ambasciatori di inizio anno Papa Francesco aveva omesso di denunciare la deriva dittatoriale del Nicaragua.  Più che una dimenticanza sembrerebbe una precisa scelta verso l'ex guerrigliero sandinista anche per non inasprire la repressione. La situazione resta tesissima ed è caratterizzata da misure oppressive. Suore, sacerdoti, fedeli e persino vescovi: se osano alzare la voce per difendere i diritti umani finiscono nei guai. Alvarez Lagos, 56 anni, è stato il primo vescovo arrestato con l'accusa di avere cospirato contro il governo. Un altro vescovo, Silvio Baez è finito nel mirino per avere sottolineato come «i tiranni di ieri e di oggi si travestono da difensori della pace e dell'ordine ma sono crudeli e senza cuore e, come Erode, finiscono per causare sempre molto dolore». 

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