Un paradosso. Non è più un gesuita perché la Compagnia di Gesù lo ha espulso, ma resta ancora un sacerdote, visto che il Vaticano non ha preso provvedimenti contro padre Marko Rupnik, religioso sloveno chiacchieratissimo, accusato di essere un abusatore seriale dopo una lunga verifica interna, ma ancora molto influente nella Chiesa. Amico di tanti cardinali e vescovi, conosciuto in tutto il mondo per la sua florida attività artistica e per i mosaici nei santuari più importanti del mondo. Era caduto in disgrazia per una sequela di abusi spirituali e sessuali nei confronti di una trentina di religiose e laiche. Il suo caso ha fatto discutere parecchio e resta ancora una spina nel fianco per il Vaticano visto che due anni fa era stata decisa la massima pena “per assoluzione di complice” ma poi misteriosamente perdonata. Rupnik era stato, infatti, scomunicato nel maggio 2020 per aver assolto uno dei suoi complici, provvedimento revocato nello stesso mese dopo il suo pentimento.
Chi avrebbe potuto cancellare un provvedimento tanto grave, in linea teorica, poteva essere solo il Papa e non la Congregazione della fede anche se in Vaticano tutti minimizzano e forse sperano che la vicenda finisca nel dimenticatoio come è avvenuto per altri casi imbarazzanti.
Intanto padre Johan Verschueren, il superiore maggiore delle case internazionali dei gesuiti, con una lettera ha confermato che Rupnik non è più un gesuita dopo che il sacerdote sloveno aveva scelto di non presentare ricorso contro la sua espulsione decretata a giugno. Il decreto di espulsione era stato emesso per il «rifiuto ostinato di osservare il voto di obbedienza» visto che Rupnik (che continua a dirsi innocente) aveva rifiutato l'ordine dei suoi superiori di avviare un processo di riparazione per il suo comportamento abusivo.
Verschueren ha aggiunto, parlando con l'Associated Press, che l'attuale legislazione vaticana «ha precluso un'indagine che avrebbe potuto portare a una pena più severa». Il Vaticano ha rafforzato le leggi sugli abusi nel giugno 2021, ma non le ha applicate retroattivamente al caso Rupnik per atti compiuti tra il 1985 e il 2018; atti ritenuti credibili dal team investigativo dei gesuiti. In precedenza, la Compagnia di Gesù aveva affermato che la riduzione allo stato laicale di Rupnik così come l'obbligo a una vita di penitenza restavano opzioni possibili. Tuttavia in base alle norme attuali, Rupnik rimane un sacerdote senza alcuna supervisione diretta.
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Il caso di padre Rupnik resta così un mistero ingombrante capace di gettare una ombra sul pontificato per le protezioni di cui ha goduto sinora e per la scarsa trasparenza con la quale il Vaticano ha proceduto. Se non fosse stata per la campagna stampa a livello mondiale e per le domande sempre più incalzanti da parte dell'opinione pubblica probabilmente l'ex gesuita sarebbe restato al suo posto, potente e ricco.
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Il sito para-vaticano Il Sismografo, diretto da Luis Badilla, ha raccolto diverse domande da parte dei semplici fedeli.«Nella Chiesa di Papa Francesco, c'è o non c'è differenza fra un prete santo, sincero e fedele e un prete bugiardo, doppio e menzognero? C'è o non c'è nella Chiesa differenza tra virtù e depravazione? C'è o non c'è differenza tra il fatto di essere scomunicato quando non sei nessuno e quando invece hai amicizie potenti in alto? Può il Vescovo di Roma comportarsi con disinvoltura, come se niente fosse, di fronte alle regole canoniche sulla scomunica?»