In Vaticano come rifugiati vescovi e preti liberati dalle carceri del Nicaragua, tra questi il simbolo della resistenza Alvarez

L'escalation repressiva ha portato alla chiusura di molte scuole cattoliche

In Vaticano come rifugiati vescovi e preti liberati dalle carceri del Nicaragua, tra questi il simbolo della resistenza Alvarez
di Franca Giansoldati
3 Minuti di Lettura
Lunedì 15 Gennaio 2024, 09:14

Le fortissime pressioni internazionali, soprattutto degli Usa, hanno portato alla liberazione di 19 sacerdoti incarcerati dal presidente del Nicaragua Ortega. Tra questi c'è anche il simbolo della resistenza civile, il vescovo Rolando Alvarez, in cella da più di due anni, con l'accusa di avere sostenuto i diritti umani e per questo condannato dal regime a 26 anni. Alvarez si stava trasformando in una icona della opposizione piuttosto ingombrante: aveva preferito rimanere in carcere (poi trasferito ai domiciliari) piuttosto che essere esiliato negli Stati Uniti. I religiosi liberati sono già arrivati in Vaticano come rifugiati e hanno già incontrato il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Oltre ad Alvarez, nel gruppo, c'è anche un altro vescovo, Isidoro del Carmen Mora Ortega. Già lo scorso anno, ad ottobre, erano stati scarcerati 12 sacerdoti nicaraguensi. La Santa Sede aveva accettato la richiesta di riceverli. Accolti a Roma, i preti sono stati alloggiati presso alcune strutture della Diocesi di Roma.

Natale, il presidente Ortega come il Grinch, stavolta vieta in Nicaragua i presepi viventi e fa arrestare un altro vescovo

IL CASO

Il Papa nell’Angelus dell’inizio dell’anno, aveva ricordato la situazione tesissima, con vescovi e sacerdoti “privati della libertà”.

Una crisi diplomatica complessa e brutta che perdura da alcuni anni poiché il presidente Ortega continua il suo progetto teso a neutralizzare le strutture sociali della Chiesa cattolica  al fine di controllare la sua presunta «attività eversiva» e renderla non ostile al regime autocratico-sandinista. Le ultime repressioni sono continuate anche durante le feste di Natale con una altra raffica di sacerdoti arrestati solo perché avevano osato alzare la voce a favore dei diritti umani. A Natale erano state tassativamente vietate anche le processioni natalizie, i presepi viventi, le manifestazioni pubbliche religiose.

Nicaragua, schiaffo del dittatore Ortega al Papa. Repressione dura contro la Chiesa: condannato a 26 anni un vescovo

Papa Francesco in questi dieci anni ha cercato in ogni modo di avere un rapporto dialettico con Ortega tuttavia si è dovuto arrendere davanti ai fatti. L'escalation repressiva ha portato alla chiusura di molte scuole cattoliche, delle università, al congelamento dei conti correnti di istituti religiosi, la soppressione di ordini religiosi, la cacciata del nunzio apostolico fino all'interruzione delle relazioni bilaterali con la Santa Sede.

Papa Francesco, ennesimo ceffone di Ortega: «In Vaticano c'è una tirannia perfetta»

La crisi in Nicaragua è stata graduale e il culmine è stato raggiunto nel 2018, quando gli studenti sono scesi in piazza contro un'operazione di incenerimento in una riserva naturale che sarebbe stata tollerata dal governo di sinistra. Le proteste si sono rapidamente diffuse in tutto il Paese.Il regime ha usato la forza brutale per reprimere le manifestazioni, con sacerdoti e vescovi che hanno aperto le loro chiese in modo che i manifestanti potessero trovare protezione dai proiettili della polizia.

Nella prima preghiera dell'anno, all'Angelus, Papa Francesco aveva manifestato il suo allarme per una situazione che sembra avvitata su se stessa senza sbocchi: «Seguo con profonda preoccupazione ciò che sta accadendo in Nicaragua, dove i vescovi e i sacerdoti sono privati della libertà». Aveva anche aggiunto che la ricerca della pace «nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà, dall'amore e dal dialogo». Ma Ortega e la moglie Murillo da quell'orecchio non ci sentono proprio. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA