Vaticano, i conti vanno a rotoli: il Papa studia un piano, previsto un deficit del 175%

Vaticano, i conti vanno a rotoli: il Papa studia un piano, previsto un deficit del 175%
di Franca Giansoldati
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Domenica 10 Maggio 2020, 17:29 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 07:51

Città del Vaticano – I conti vaticani non vanno bene. Anzi, sono proprio un disastro. Il problema è affiorato anche la scorsa settimana, durante l'incontro tra il Papa e i capi dicastero della curia. Francesco si è raccomandato con tutti di essere parsimoniosi, di non fare assunzioni, di eliminare le spese superflue, di non fare viaggi o convegni e di affidare e concentrare tutta la liquidità dei dicasteri dall'Apsa. Durante quel summit si sono fatte le previsioni per il 2020 e l'orizzonte è apparso denso di nubi. 

 

I rischi maggiori sono contenuti uno studio ad uso interno e redatto dal dicastero per l'Economia che, inquadra le perdite del 2020 partendo dalla contrazione e dalla recessione dell’economia mondiale. Tre gli scenari economici sui quali stanno lavorando. 

Lo Scenario 1, è il più ottimistico fermo restando le disposizioni emanate per il contenimento dei costi amministrativi, «vede una riduzione tra il 30 e il 50% dei proventi ordinari che determinerebbe un incremento del deficit del 28%».

Lo Scenario 2 prevede una riduzione delle fonti di ricavi tra il 50 e il 60%, una parziale efficacia delle misure introdotte di contenimento della spesa e l’introduzione di un intervento correttivo sulle retribuzioni, con un contenimento della relativa spesa del 3%. In questa ipotesi l’aumento del deficit si attesterebbe all’83%. 

Infine c'è anche lo scenario più pessimistico, il numero 3. In questo caso si ipotizzano tempi particolarmente lenti di ripresa, l’inefficacia delle misure di contenimento dei costi intrapresi e una drastica riduzione delle ordinarie fonti di ricavo tra il 50 e l’80%. Lo scenario implicherebbe un aumento del deficit del 175%. 



Prevedendo che i costi siano limitati a quelli dello scenario più ottimistico e si realizzi una riduzione sensibile dei contributi versati dal Governatorato e dallo Ior alla Santa Sede, si è stimato un incremento del disavanzo rispetto al 2020 del 145% circa. 



In un periodo di sicuro decremento delle entrate (con un crollo dell'Obolo a 68 milioni), un’attenta gestione della liquidità rappresenta ovviamente un tema centrale. Per questo viene suggerito al Papa di rafforzare la posizione finanziaria dell’Apsa, che è l’organismo deputato al pagamento delle spese dei dicasteri, a partire dagli stipendi. E per questo che si propone di concentrare i fondi dei dicasteri evitando di spostarli in altre istituzioni finanziarie salvo si tratti di fondi finalizzati e vincolati a determinate attività, progetti o donazioni. Trasferire presso l’Apsa le eventuali liquidità attualmente giacenti in istituti finanziari esteri. È allo studio la possibilità di chiedere il trasferimento all’Apsa. anche dei fondi liquidi dei dicasteri ora depositati presso lo Ior. 



I tecnici del dicastero dell'economia fanno presente che sarebbe positivo arrivare alla creazione di un «centro unico di servizio specializzato sul quale convergano le disponibilità finanziarie degli Enti» al fine di per migliorare i proventi della gestione finanziaria da mettere a disposizione della Santa Sede. Ciò sarebbe d’ausilio per una gestione più efficiente delle risorse finanziarie, l’ampliamento delle possibilità di investimento, un più agevole monitoraggio e contenimento dei rischi e l’assicurazione del rispetto di criteri etici. Si tratta di una soluzione che richiede certamente una modifica degli attuali modelli di gestione e un alto livello di specializzazione e di professionalità. 

La Santa Sede anche se non è esente dalla crisi internazionale  a differenza degli altri Stati può sostenersi solo con le donazioni dei fedeli, con i proventi delle attività commerciali con gli investimenti. A differenza degli altri Stati ha ben poche leve da azionare in caso di recessione economica. Il flusso di risorse (più o meno stabile in questi ultimi anni) si aggira attorno ai 270 milioni mentre la spesa registrata è stata pari, in media, a euro 320 milioni. I tecnici indicano che Il trend negativo continua nonostante gli sforzi di limitare i costi. 



Il 44% delle spese riguarda i circa 3.000 dipendenti ai quali vanno aggiungi gli oneri per il mantenimento delle nunziature, la manutenzione del patrimonio immobiliare e le imposte pagate per la gestione immobiliare. 

La carità effettuata ammonta a 24 milioni di euro per anno anche se questa cifra non comprende le opere di carità realizzate attraverso il l'Obolo o attraverso tutte le altre Fondazioni controllate dalla Santa Sede e non comprese nel bilancio consolidato. 

«Il disavanzo che finora si è venuto a creare è stato finanziato attraverso i fondi derivanti dalla gestione dell’Obolo di San Pietro, le cui disponibilità e i relativi rendimenti, come detto, non rientrano nei bilanci della Santa Sede» si legge. 

Ma cosa accadrà nel 2020-2021 per colpa del Covid-19? Una circolare recente ha chiesto a ciascun dicastero una situazione aggiornata con evidenza delle disponibilità liquide e degli investimenti alla data del 31 marzo per poter successivamente determinare una proiezione dei flussi di cassa attesi. 

Il tema del personale resta al centro dell'attenzione. In linea teorica  (solo in linea teorica) non si tratta solo di ridurre i costi e il numero dei dipendenti ma di dotare il Vaticano di una struttura complessiva più flessibile che fornisca le leve per determinare le politiche di gestione.

«Ciò implica assicurare flessibilità nel sistema retributivo in modo tale da poter premiare le competenze e i più meritevoli e essere in grado di poter affrontare periodi di criticità come quelli correnti con strumenti adeguati» suggeriscono i tecnici. Allo stesso tempo si tratta di fornire maggiori opportunità ai dipendenti, assicurando percorsi formativi standardizzati e una mobilità di routine che permetta a ciascuno (a partire da dirigenti e responsabili degli uffici) di conoscere e apprendere, nell’ambito delle proprie competenze, mansioni diverse e assumere differenti responsabilità nel tempo. Una riforma strutturale sarebbe auspicabile ma le attuali circostanze non sembrano favorevoli per avviare ora un’attività di questo tipo. 

Allo studio c'è anche un codice degli appalti. Nodo spinosissimo che in passato era stato affrontato ma subito accantonato per i troppi interessi che ci girano attorno. 

«Il lavoro di predisposizione di una legge che regolamenti gli acquisti e gli appalti della Santa Sede è prossimo alla conclusione» precisa il documento. Servirà ad adeguare il Vaticano agli standard internazionali per un maggior grado di efficienza ed economicità, «tutelandosi rispetto a possibili fenomeni di gestione non sana che ci espongono anche da un punto di vista di immagine (...) potranno anche essere conseguiti risparmi significativi ma bisogna tener conto che questa iniziativa avrà un certo impatto nelle dinamiche operative degli enti». 











 

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