Retribuzioni, il 40% dei lavoratori umbri guadagna 6.500 euro in meno

Retribuzioni, il 40% dei lavoratori umbri guadagna 6.500 euro in meno
di Fabio Nucci
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Sabato 20 Gennaio 2024, 08:34

Non è questione di redditività d’impresa o di dimensioni aziendali. Il lavoro dipendente in Umbria risulta più povero da sempre ma oggi il gap rispetto al resto del Paese. Un ritardo riscontrato anche nei tempi in cui i profitti delle imprese erano superiori alla media nazionale e oggi sembra sfumata anche la differenza tra Pmi e medie imprese. Così, nel 2022, considerando i dati Inps dei dipendenti privati full time (esclusa l’agricoltura), nella regione si sono guadagnati 6.500 euro in meno, il 17,4%. Un dato che si aggiunge alla maggior incidenza del caro vita.
Il tema è oggetto di un approfondimento della ricercatrice Aur, Elisabetta Tondini che con approccio scientifico ha analizzato il fenomeno. «Abbiamo elaborato un dato generale, 22.222 euro di retribuzione annua media a fronte di 22.829 euro nazionali, che risente di vari fattori: un’informazione eterogenea, trattandosi della media totale di tutti i lavoratori del privato». Nel report quindi è stato individuato un sottoinsieme più omogeneo composto dai soli lavoratori standard (il 40% del totale) la cui retribuzione media annua è risultata pari a 30.872 euro in Umbria, 37.360 euro in Italia. «Un dato che in questo caso risente della composizione per qualifiche – aggiunge Tondini – ma anche depurandolo da tale variabile emerge un differenziale dell’11% (-17,4%, il dato secco)». Un dato eloquente, considerando che a partire dagli operai in tutte le fasce in Umbria si guadagna meno e in ciascuno dei settori che abbiamo preso in esame. Il differenziale maggiore, -20,4%, si osserva nel terziario avanzato, poi gli altri servizi (-17,9) e l’industria (-17,2). «Tale gap è il risultato degli assetti produttivi della regione con riferimento alla base produttiva, non alle eccellenze. I dati Inps non consentono di analizzare le retribuzioni per classi dimensionali delle imprese ma, come rilevato anche da altri economisti locali, la piccola dimensione non fa più la differenza. Con l’innovazione anche imprese piccole ma smart, sono performanti e con alta produttività». In Umbria sono ancora quelle più grandi a garantire i redditi più alti, ma la situazione sta cambiando anche qui.
Altra criticità, la struttura produttiva, concentrata a metà filiera. «In Umbria non c’è una copertura totale delle filiere un assetto che richiede più servizi qualificati e che produce più valore aggiunto: pensiamo a progettazione, commercializzazione e marketing: un’impresa che “governa” un’intera filiera guadagna di più. Non è un caso che anche con riferimento all’ultima indagine Excelsior, in Umbria la richiesta di figure dirigenziali è quasi nulla». Come dire che nella regione non c’è richiesta di dirigenti o, forse, c’è la presunzione di non averne bisogno. «Emerge la convinzione che si debbano assumere solo operai che per il proprio sito produttivo non servano figure capaci, ad esempio, di reinventare i tempi di produzione, riprogrammare i processi». Investire in capitale umano qualificato per migliorare performance e produttività. «Risparmiando sul lavoro ci si illude che si guadagni di più: è una visione distorta della realtà», sostiene Tondini. «La produttività aumenta quando i redditi aumentano e questo succede quando si impiegano figure più qualificate».
L’analisi Aur dimostra che il gap retributivo esisteva anche quando la redditività delle imprese era sopra la media. «Quando la percentuale del Margine operativo lordo sul Valore aggiunto era più alta rispetto al resto del Paese, i redditi da lavoro dipendente erano di molto sotto la media nazionale», spiega Tondini. «Questo dice che l’attenzione verso figure “high profile” non c’è stata neanche quando c’era margine per farlo».

E con un caro vita che in termini di inflazione anche lo scorso anno in Umbria (Perugia in particolare) ha pesato di più, l’aspetto delle retribuzioni più basse diventa un’aggravante. «Il confronto lo abbiamo fatto sulla media nazionale, condizionata dai dati deboli del Sud, ma è chiaro che rispetto al Centro Nord il differenziale è ancora maggiore», fa notare la ricercatrice Aur. Ma sul gap retributivo Nord-Sud anche il lavoro nero può giocare un ruolo determinante, considerando che secondo un’analisi Cgia di Mestre su dati Istat, riferita al 2021, il sommerso in Umbria risultava più elevato: 13,2 contro il 12,8% nazionale.

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