Omicidio Polizzi, Menenti:
«Alessandro è morto così»

Valerio e Riccardo Menenti
di Egle Priolo
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Giovedì 31 Ottobre 2013, 21:28
PERUGIA - Il piede di porco? Solo per dargli una lezione. Volevo spaventarlo dopo le botte date a Valerio. Che non sapeva nulla: era in ospedale. Ho fatto tutto da solo, ma non ho mai avuto una pistola. Quella di mio padre? Era un falegname, mai posseduto una Beretta.

In poco più di trequarti d’ora Riccardo Menenti ha ribadito la sua verità al sostituto procuratore Antonella Duchini che lo accusa di essere l’esecutore materiale della morte di Alessandro Polizzi e del tentato omicidio di Julia Tosti. Cinquanta minuti in cui ha messo in fila la sua linea difensiva: spiegare quello che non può smentire (la sua presenza nella casa di via Ettore Ricci la notte del 25 marzo), negare quello che può spiegare (il racconto di Julia sulla pistola appartenuta al nonno di Valerio) e salvaguardare la posizione del figlio che per la procura è il mandante del piano di morte.

Collaborativo quanto basta per ottenere quegli sconti che le analisi scientifiche non gli hanno concesso, fissando la sua presenza in casa grazie al suo sangue sul pianerottolo e al suo dna sulla pistola trovata sotto il mobile dell’ingresso dell’appartamento. Dove è entrato grazie a quel piede di porco fatto ritrovare solo qualche giorno fa agli agenti della squadra mobile, grazie a una lettera fatta sulla scrivania del pm Duchini.

E uno dei nodi dell’inchiesta si stringe proprio intorno a quel piede di porco. «L’ho utilizzato per entrare in casa. Facevo l’artigiano con mio padre, falegname, e mi è capitato di aprire portoni grazie alla pressione con questo attrezzo», ha ricostruito Riccardo davanti al sostituto procuratore e al dirigente della squadra mobile Marco Chiacchiera. Quindi il piede di porco sarebbe dovuto servire ad aprire la porta e a spaventare Alessandro, nuovo compagno della ex di Valerio. Ferro, ma niente pistola. «Ho visto un lampo, la colluttazione ed è partito il colpo», sarebbe la versione di Menenti. «Il killer è entrato con la pistola e ha sparato al buio», ha raccontato invece la superstite.



È la parola di Riccardo Menenti contro quella di Julia Tosti. Anche se in realtà l’artigiano romano dovrà spiegare in che modo il suo dna sia finito sulla Beretta 1932 calibro 9 visto che lui stesso ha raccontato di aver indossato i guanti durante il raid notturno. Chiaro che il nodo del solo piede di porco o della pistola di rinforzo sia fondamentale da sciogliere. L’intenzione di dare una lezione al ragazzo che ha mandato Valerio in ospedale è una cosa. Essere entrato in casa con un’arma carica (anche se inceppata dopo il primo colpo) certamente un’altra. Il confronto tra le versioni di Riccardo e Julia potrà arrivare abbastanza presto, visto che l’udienza preliminare potrebbe essere ormai fissata prima della fine dell’anno.

Intanto giovedì mattina, in una sala del carcere di Capanne, Menenti senior (in cella, ora a Terni, dal 10 aprile scorso) ha anche cercato di smontare la testimonianza di chi lo accusa di averlo picchiato, per dimostrare la sua indole violenta. Menenti nega che quelle botte ci siano mai state, ma ribadisce il racconto di chi gli ha sentito dire «Se non ci pensano i carabinieri ci penso io», come ricostruito anche dal giudice Luca Semeraro che ha firmato l’ordinanza di custodia in carcere per lui e il figlio.

Insomma, Riccardo era arrabbiato, voleva dare una lezione ma senza uccidere nessuno. E soprattutto, Valerio non avrebbe saputo nulla di quanto stava succedendo quella notte, mentre lui era in ospedale proprio per le botte ricevute da Alessandro.

«È stato Riccardo stesso a raccontare quanto successo quella notte a Valerio: glielo ha raccontato all’inizio della detenzione mentre erano insieme in cella a Capanne - spiega l’avvocato Francesco Mattiangeli, che assiste Menenti insieme a Giuseppe Tiraboschi -. Ci sono state delle intercettazioni ambientali e il padre ricostruisce quella notte al figlio». Sincera verità o mossa furba e finissima immaginando di essere registrati? Toccherà all’eventuale processo stabilirlo.

E Valerio? Per lui l’avvocato Manuela Lupo non ha richiesto l’ulteriore confronto con il pubblico ministero, di cui avrebbe avuto diritto dopo l’avviso di conclusione indagini. «Sarebbe ultroneo: ha già chiarito abbondantemente la sua posizione», ha ribadito l’avvocato Mattiangeli. Non c’era, non sapeva nulla, è stato informato dopo. Una versione che andrà vista in controluce con le testimonianze di chi lo ha sentito organizzare il presunto piano mentre era la telefono all’interno di un compro oro: «Li ammazzo senza sporcarmi le mani... Stai tranquilla, tu che c’entri? Tanto io sarò in ospedale». Anche qui, sarà un giudice a stabilire chi mente.





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