Da operaio a ristoratore, ecco dove finiscono i bonus Perugina

Da operaio a ristoratore, ecco dove finiscono i bonus Perugina
di Federico Fabrizi
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Mercoledì 28 Marzo 2018, 13:04
PERUGIA - Una tabaccheria a Castel del Piano, un ristorante in via della Stella, l’idea di un servizio turistico dalle parti del Trasimeno. Eccoli lì i “bonus” della Perugina. Sono 125 i dipendenti dello stabilimento di San Sisto che hanno già firmato le dimissioni incassando un assegno da 60mila euro. Cifra lorda, che senza tasse diventa 47mila euro. «Meglio questo, e provarci, che passare alla Servizi Associati», spiega lontano dal taccuino chi proprio in questi giorni è alle prese con la decisione di cambiare vita. Una coppia, entrambi dipendenti della fabbrica del cioccolato, ha scelto di uscire insieme: proveranno con una tabaccheria dalle parti di Marsciano. È il modello già conosciuto in Umbria sotto forma di “bonus Morselli”, quello adoperato dalle acciaierie di Terni: in quella circostanza, circa tre anni fa, per i più fortunati furono 80mila euro lordi, 61mila netti. Purtroppo non a tutti è andata bene.
Ed ora sono tanti i denari del bonus Perugina: 47mila euro moltiplicati per 125 fa una somma tra 5 e 6 milioni di euro. I part-time che lasciano, invece, ricevono una cifra un po’ più bassa: 45mila euro. Tutti soldi distribuiti nel Perugino. Qualcosa di simile ad un corposo bando di fondi europei fatto, assegnato e concluso. Buona parte di quei soldi sono già nei conti correnti dei destinatari. E adesso? Per aiutare gli ex-operai a decidere cosa fare, Nestlé ha messo a disposizione una società di consulenza. Esperti del mercato del lavoro incaricati di spiegare che, ad esempio, un negozio di articoli sportivi ha maggiori possibilità di successo rispetto all’ennesima pizzeria o che una cioccolateria potrebbe non essere una grande idea paragonata ad un’officina meccanica.
«Per prima cosa occorre prendere atto del fatto che quei 60mila euro vanno considerati come un rimedio... - spiega la professoressa Cecilia Cristofori, sociologa del lavoro all’Università di Perugia - al momento c’è una certa mole di posti di lavoro che viene meno: è un dato di fatto. Spesso, in queste dinamiche, sono decisive scelte individuali, ma ora saranno effettivamente messe alla prova le politiche attive del lavoro».
Hanno intenzione di parlarne, nei prossimi giorni, i sindacati confederali umbri con la Regione. Palazzo Donini non poteva avere muscoli tanto forti per convincere un colosso come Nestlé a cambiare idea sul numero degli esuberi: una multinazionale con un utile netto di 9,1 miliardi di Franchi svizzeri non è tipo disposto ad ascoltare, ma ora sì, la Regione può rientrare in partita. In questo passaggio possono essere decisive proprio le strategie per ricollocare i dipendenti di San Sisto. Visti i ritmi, è ragionevole pensare che i bonus arrivino a quota 200, molto più numerosi rispetto alla cifra di quanti accetteranno uno degli 85 posti di lavoro “alternativi” messi a disposizione con 30mila euro d’incentivo da altre aziende locali.
Raccontano che il direttore del personale di San Sisto, Stefano di Giulio, in questi giorni abbia l’agenda talmente piena da non riuscire ad incontrare tutti i dipendenti che chiedono un colloquio. Nestlé ha fissato una linea al 30 giugno: per quella data scadrà la “vecchia” cassa integrazione e dovrebbe essere il termine ultimo «per uscire con l’incentivo». Gli over 50 fanno un po’ di addizioni: 47mila euro più 25mila di Tfr, più 500 euro al mese di Naspi (l’ammortizzatore sociale di marca jobs act) per due anni fa oltre 80mila euro. Un tesoretto da gestire fino alla pensione.
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