Finta estorsione contro ambientalista, due a giudizio

Il magistrato Manuela Comodi
di Luca Benedetti
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Giovedì 2 Luglio 2020, 20:30 - Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 21:43
GUALDO TADINO -  A volte al storia si ribalta. E stavolta si ribalda davvero in favore di Massimiliano Parlanti, ambientalista gualdese, finito in carcere nel maggio del 2013 per una estorsione. Si ribalta talmente che chi lo aveva fatto arrestare perché avrebbe subito una richiesta di soldi in cambio del blocco la sua battaglia contro una cava, si ritrova dall’altra parte della partita della giustizia: rinviato a giudizio con l’accusa di calunnia come deciso dal Gup Natalia Giubilei. Il processo, davanti al giudice monocratico Francesco Loschi, è fissato per il 9 luglio del prossimo anno.
A giudizio finiscono l’imprenditore Vincenzo Dello Iacono e il suo collaboratore Vincenzo Imperatori. La storia della calunnia e, di fatto, dell’estorsione studiata a tavolino per fermare la battaglia ambientalista, la spiegano le parole del Gip nel decreto di rinvio a giudizio: «In concorso tra loro con la denuncia presentata dall’Imperatori incolpavano falsamente Parlanti di un tentativo di estorsione a loro danno avvenuto negli stabilimenti commerciali di (omissis) consistiti nell’aver ingenerato in terzi ascoltatori la convinzione sull’effettività del reato mediante l’intrattenimento con il Parlanti di conversazioni telefoniche fuorvianti e fumose di cui una alla presenza dei militari della stazione di Gualdo Tadino camuffando la richiesta di consegna del libretto di circolazione di un camion sequestrato e custodito presso gli stabilimenti di (omissis) per la richiesta estorsiva di 40mila euro e dell’aver consegnato al Parlanti in un incontro concordato con i carabinieri che procedevano al suo arresto in flagranza, una busta contenente 500 euro anziché i documenti di circolazione...». Insomma, secondo l’ultima indagine dei carabinieri, l’estorsione sarebbe stata inventata. Parlanti per quella busta con i 500 euro e per quelle telefonate col trucco finì in carcere e poi ai domiciliari. E fu anche condannato (pena sospesa) con rito abbreviato. Ma la partita si è riaperta e Parlanti, assistito dall’avvocato Emma Contarini, dopo essere ricorso anche a un perito per dimostrare che quelle telefonate non c’erano mai state o se c’erano state lui non era nel luogo dove era stato detto, da altri, che fosse, adesso chiede la revisione del processo al tribunale di Firenze.
Una partita che può essere decisa in modo inequivocabile dal rinvio a giudizio di chi lo fece finire nei guai.
L’idea della revisione del processo era stata già messa in campo una volta che la Procura della Repubblica (pm Manuela Comodi) aveva chiesto il rinvio a giudizio per i due accusatori di Parlanti con l’accusa di calunnia. Parlanti non si è dato per vinto. Da cinque anni ha intrapreso un percorso volto a dimostrare le lacune delle indagini condotte nel 2013 e, con l’aiuto di un consulente privato, ha ricostruito tabulati telefonici e raccolto testimonianze con le quali si è presentato dai carabinieri di Gubbio per denunciare l’imprenditore e collaboratore di chi aveva la cava in mano.
Massimiliano Parlanti, è molto conosciuto a Gualdo Tadino, non solo perché già candidato sindaco nel 2009 con la lista civica “Il Nuovo” , ma anche in quanto attivista e membro del un comitato “No cave” che si batteva su tematiche ambientali, tra queste l’opposizione all’ampliamento di aree di cava. Vicenda da cui è nata la disavventura giudiziaria che sembra essere arrivata una svolta sette anni dopo l’arresto.
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