Con Giovanna Tatò si riaprono "Porte chiuse": «Scrivo a mia madre che fu direttore d'orchestra e a mio padre, portavoce di Berlinguer, per il centenario della loro nascita»

Con Giovanna Tatò si riaprono "Porte chiuse": «Scrivo a mia madre che fu direttore d'orchestra e a mio padre, portavoce di Berlinguer, per il centenario della loro nascita»
di Aurora Provantini
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Giovedì 18 Maggio 2023, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 17:56

TERNI - «Le porte chiuse sono quelle che ha trovato mia madre nel corso della sua vita professionale». Parte dal titolo Giovanna Tatò, per parlare del suo ultimo libro. Deformazione professionale: Giovanna Tatò è giornalista prima che scrittrice, sia di carta stampata (ha lavorato per La Repubblica e per L’Espresso) che televisiva (ha condotto programmi Rai – in Rai ci è stata per 22 anni – ed è stata inviata speciale all’estero). Solo dopo spiega il perché della sua lettera ai genitori, Erminia Romano e Tonino Tatò. Inizia rivolgendosi alla mamma Erminia, che per raggiungere quel ruolo apicale nel mondo della musica - direttore d’orchestra dagli anni Cinquanta agli anni Settanta - ha dovuto percorrere una strada irta di ostacoli. «Ho voluto puntare un faro sulle esistenze di due personalità di spicco, i miei genitori, per ridare loro qualcosa di dovuto che è mancato e per riparare i torti inflitti dal comune modo di pensare e di agire, propri degli anni in cui hanno vissuto». In 220 pagine, Maurizio Vetri Editore, l’autrice racconta un capitolo importante della storia del Paese attraverso avvenimenti e sentimenti che hanno riguardato la sua famiglia e quindi la sua vita. Oltre a scrivere la sua lettera, investe la musicologa Lucia Navarrini di tracciare il profilo artistico di Erminia Romano. «Ecco, di lei, a parte gli articoli della critica a conclusione di un concerto, si trova molto poco. E del suo talento rimane ancora meno, per la scarsa produzione di registrazioni audio e video rispetto alla mole e all’intensità del lavoro svolto». Dalla casa di San Gemini, dove ha scelto di vivere - «Mi sono innamorata della verde Umbria» - Giovanna Tatò va indietro con i ricordi a quando vide gli occhi di sua madre riempirsi di gioia perché le era stato chiesto di dirigere un concerto con Benedetti Michelangeli solista: «Un’atmosfera che durò poco: quello “straordinario” pianista arrivò a disdire il contratto perché non voleva una donna per direttore d’orchestra».
Dalle sue 220 pagine esce il ritratto di una combattente. «Mia madre, ventenne, partecipò alla Resistenza e alla vita politica degli anni successivi. Suo padre, mio nonno, era un avvocato “fascistissimo”. E mio padre, ovvio, un antifascista. Fu mio zio, il fratello di mamma, ad offrirgli un riparo sicuro - quale nascondiglio migliore? - fu lì, nella casa di 16 stanze che stava dietro piazza Navona, che si conobbero». A vent’anni Erminia Romano lascia gli studi musicali e diventa partigiana combattente. Quindi si presume che abbia imbracciato un fucile prima della bacchetta che indica il tempo di un’opera. Quattro figli, gli ideali condivisi con Tonino Tatò, la ripresa degli studi, la carriera, le “porte chiuse”. Sul padre, il portavoce di Berlinguer, è stato scritto tanto, ma Giovanna riesce ad evidenziare le differenze tra l’impegno politico di vent’anni della vita di Tonino Tatò nel sindacato, e quello accanto a Berlinguer, durato altri vent’anni. Tutto sotto forma di lettera. Il libro avrebbe dovuto vedere la luce nel 2021 in occasione del centenario della nascita di entrambi i genitori, avvenuta nel medesimo mese di novembre del 1921, ma la concomitanza di circostanze avverse legate alla pandemia non lo ha consentito. Del libro si potrà parlare con l’autrice venerdì 19 maggio al Caffè letterario della Bct (ore 17).

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