Con lo “sfratto” dell’università Pegaso da palazzo Catucci se ne va una delle ultime realtà impegnate nella manutenzione di uno dei palazzi storici di Collescipoli. Un borgo che ha avuto il suo momento di gloria con il corso di laurea di economia dell’Università degli studi di Perugia e che, con la sua chiusura, ha vissuto un lento e progressivo “spegnimento”.
«Siamo molto preoccupati – dice Giuseppe Rogari, presidente dell’associazione L’Astrolabio – per lo stato degli edifici storici e la loro manutenzione. Questo, tra tutti, è il borgo più abbandonato. La causa è la scelta amministrativa dell’allora giunta comunale che volle chiudere il corso di laurea dopo che erano stati spesi milioni per sistemare e adeguare le sedi». Chiuso il corso, “dimenticati” gli edifici storici di pregio del borgo sulle cui condizioni da anni L’Astrolabio sta puntando i riflettori. Più volte l’associazione ha scritto alle amministrazioni e agli enti interessati per richiamare l’attenzione ora sullo stato di degrado del Chiostro di Santa Cecilia, ora sulla situazione dell’ex sede comunale. Ma l’elenco è destinato ad allungarsi con il Palazzo Catucci. In questi giorni l’università Pegaso sta lasciando l’immobile del quale curava la manutenzione ordinaria e straordinaria in cambio del comodato d’uso grazie a una convenzione con il Comune. Convenzione che non è stata rinnovata dalla passata amministrazione comunale che sull’immobile avrebbe proposto, a scadenza, una concessione con pagamento dell’affitto, non accettata da Pegaso.
Nel chiostro di Santa Cecilia è noto il problema: l’otturamento delle caditoie ha prodotto infiltrazioni d’acqua che ha danneggiato le volte ed è penetrata dentro alcune stanze. Al momento è fruibile solo il primo piano, non il secondo dove ci sono il beccaccino di Garibaldi e una vecchia lettiga d’ospedale. Le infiltrazioni d’acqua stanno danneggiando anche l’orologio sull’ex palazzo comunale. L’edificio in passato subì un furto di libri antichi per un valore di svariati mila euro. L’Astrolabio non ha dubbi sulla soluzione: un progetto che metta in rete tutti gli edifici e li faccia “vivere”. «A suo tempo – ricorda Rogari – avevamo proposto la cittadella della musica ma non ebbe seguito».