«Alexandre era andato in Colombia per cambiare vita». Ucciso a Medellin forse per una rapina. Il dolore di Umbertide dove verrà sepolto

Alexandre Mennesson 33 anni, ucciso in Colombia
di Walter Rondoni
4 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Luglio 2023, 08:30

Dicono sognasse di stabilirsi definitivamente a Umbertide. La sua “comfort zone”, il suo luogo del cuore dove da piccolo trascorreva le estati insieme a mamma Irene, umbertidese verace, a papà Pascal, chef, al fratello minore Thomas. Ma era volato in Colombia per cercare quello che, probabilmente, non aveva trovato in Italia e nemmeno in Francia, suo Paese natale. «Voleva cambiare vita, era andato lì per lavoro». Lucia Cautiero è sicura. Conosce bene Alexandre Mennesson, il 33enne trovato agonizzante in conseguenza di un violento pestaggio in una strada di Medellin, poi morto dopo un breve ricovero ospedaliero. «Alex era amico fraterno di mio figlio Raffaele, noi dormivamo in palestra e quando ha saputo dei nostri disagi ci ha offerto la disponibilità di casa sua, è stato l’unico a tenderci la mano», racconta la donna, terremotata a Pierantonio insieme ai congiunti. «Un ragazzo generoso, dal cuore d’oro, un angelo: ci ha ospitati un mese senza chiedere nulla in cambio», rivela, commuovendosi. «Siamo sconvolti, voglio pensare che serviva un angelo in cielo, spero dia forza alla sua famiglia». In quell’appartamento in via Di Vittorio, proprietà della nonna materna, scomparsa da anni, Alexandre aveva traslocato da via Cibo, in centro storico, due passi da piazza Matteotti. Diego Zucchini, gestore del Bar Centrale, lo ricorda «tanto tanto gentile, si rideva, si scherzava, mai sopra le righe, molto molto simpatico». Nel suo “periodo umbertidese”, dal 2020, il 33enne franco-italiano, dipendente di una cooperativa appaltatrice della Usl Umbria 1, aveva guidato le ambulanze del 118, affrontando da operatore il complicatissimo periodo dell’emergenza Covid. Un contratto a termine, che probabilmente non lo gratificava sotto il profilo economico, non rinnovato a inizio giugno, quando ha deciso di andarsene in Sud America, suscitando qualche preoccupazione nei familiari. «Poco loquace, riservato, molto corretto dentro e fuori dal lavoro, un ragazzo alla mano e molto disponibile», il ritratto di un collega. Non era un novellino del mestiere, Alexandre. Il 14 luglio 2016 era stato tra i soccorritori in Promenade des Angles a Nizza, dove un terrorista a bordo di un camion investì volontariamente la folla a grande velocità, facendo decine di vittime. Qualcuno l’aveva sentito raccontare che in quella circostanza era stato incaricato di riportare a Torino un italiano dimesso dall’ospedale dopo l’attentato. Mercoledì pomeriggio, via social, un amico di Alexandre ne ha annunciato la morte dopo l’agonia in un letto d’ospedale. Ha informato la propria comunità virtuale del ritrovamento lungo una strada di Medellin, due milioni e mezzo di abitanti, seconda per popolazione dopo la capitale Bogotà. Era riverso a terra, massacrato di botte, in condizioni subito apparse gravissime.

«Fai buon viaggio, resterai sempre nei nostri cuori», il saluto di chi ha rilanciato la notizia, contribuendo a darle assoluta credibilità.

Nessuna conferma, invece, da fonti ufficiali. Men che meno si ha una qualche certezza sulla dinamica di un omicidio, di un giallo, che ha scosso nel profondo la comunità locale. Al momento ipotesi e basta sul perché di tanta crudeltà, di tanto bestiale accanimento. Una rapina finita male? Poco probabile. Chi l’ha ridotto in fin di vita non ha agito d’impulso, come può fare un malvivente di fronte all’imprevista ed improvvisa reazione della vittima. Una scazzottata o una rissa? Possibile, anche se dalle testimonianze raccolte Alexandre non avrebbe mai accettato lo scontro, nonostante il fisico modellato in palestra. Si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato ed ha visto qualcosa che non doveva vedere? Da non escludere completamente. Del caso si starebbe interessando la magistratura francese anche se le autorità italiane avrebbero contribuito, fornendo il supporto (le impronte digitali?) per arrivare all’identificazione della salma e per eventuali, ulteriori necessità investigative. Una collaborazione resa necessaria dalla doppia nazionalità del 33enne, nato a Nizza, dove la madre era emigrata in gioventù alla ricerca di un’occupazione, ma residente a Umbertide, dove vivono alcuni parenti. Intanto, si comincerebbe a pensare ai funerali che, presumibilmente, non verranno celebrati in tempi brevi. Sembra che i genitori abbiano preso in considerazione di dargli l’ultimo saluto a Umbertide e di seppellirlo nel cimitero locale. Un modo, in fondo, per rispettare la sua volontà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA