Lazio, Lotito: «Voglio tramandare la società a mio figlio. Con Sarri ottimo rapporto. Derby? Loro caciaroni, noi no»

Il presidente della Lazio si è espresso in mattinata su diverse tematiche alla radio ufficiale della Serie A

Lazio, Lotito: «Voglio tramandare la società a mio figlio. Con Sarri ottimo rapporto. Derby? Loro caciaroni, noi no»
di Valerio Marcangeli
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Mercoledì 8 Novembre 2023, 12:13

All’indomani della vittoria contro il Feyenoord della sua Lazio, il presidente Lotito è tornato a parlare e lo ha fatto a tutto tondo ai microfoni ufficiali della Lega Serie A mettendo nel mirino il big match di domenica contro la Roma: «Per noi il derby è un campionato nel campionato, è una partita importante. Spero che la squadra ritrovi quell’unità d’intenti e lo spirito di compattezza per dare grandi soddisfazioni ai nostri tifosi che meritano un comportamento del genere. L’anno scorso siamo stati ampiamente soddisfatti per quello che abbiamo ottenuto. La stracittadina alla quale sono più legato? Quella del 26 maggio. I laziali sembrano meno coinvolti, soffrono in silenzio. Invece l’altra sponda è più caciarona, enfatizza le situazioni e se non raggiunge l’obiettivo sparisce».

Lotito parla dei singoli: da Immobile a Romagnoli

Squadra reduce da tre punti d’oro in Champions grazie al 200° gol di Immobile: «Ho un rapporto familiare con lui, non c’è nessuna intenzione di mandarlo via. Rimango sorpreso che possa andare in Arabia, ho un contratto con lui, si dovrebbe conciliare anche la volontà del club. Ciro è una persona di famiglia, ho un grande affetto nei suoi confronti, poi nel calcio capitano i momenti non positivi. Sono convinto che tornerà ad essere fondamentale». C’è spazio anche per Luis Alberto: «È una persona particolarissima. Mandando via Milinkovic è salito di un gradino. Poi ultimamente ci mette determinazione, passione, spirito di sacrificio». Felipe Anderson: È un ragazzo d’oro a cui sono legato, abbiamo un’affinità, è molto religioso. C’è disponibilità al rinnovo, ora dobbiamo trovare un punto d’incontro». Infine Cataldi e Romagnoli: «Danilo ce lo siamo ripreso e ha fatto il percorso che meritava di fare.

Anche Alessio è laziale, ha fatto una scelta di cuore».

Lotito su Sarri: «Abbiamo un buon rapporto. Va fatto di più contro le piccole»

Impossibile non parlare di Sarri: «È un grande insegnante di calcio, un maestro, un integralista e con me va d’accordo. Abbiamo dei confronti accesi, ma non abbiamo mai litigato perché mi stimi. Io sono un presidente che fa il presidente, che dopo 20 anni è in grado di capire quali sono le esigenze della squadra. Quest’anno chiedeva Ricci e Berardi. Ci ho provato a prenderli, ma ho ricevuto richieste fuori da qualsiasi logica. Non penso che i giocatori che abbiamo preso siano inferiori a Zielinski, che è ancora sul mercato e non ha compratori. È un lavoro che richiede maggiore impegno da parte sua. Il paradosso è che la squadra ha vinto con le squadre importanti e perso con le piccole».

Sulla Lazio e il figlio Enrico: «Sono tifoso da sempre e voglio tramandare la società a Enrico»

«Io sono tifoso della Lazio da quando avevo cinque anni - ripete Lotito - e in quel periodo non navigava in acque tranquille. Questo è stato un elemento trainante quando mi fu proposta questa sfida dal presidente Berlusconi. È stato un genio, dove è intervenuto ha portato risultati. Per me era una sfida al limite, che mi intrigava. Alla fine l'ho accettata». E ancora: «Io dalla Lazio non ho tratto alcun vantaggio, anzi ci ho rimesso molto, circa 50 miliardi di lire è quello che ho messo nella società quando sono entrato. Poi ho pagato 550 milioni di debiti per prendermi la Lazio. Io ci metto tanto sentimento. Ho patrimonializzato la società perché voglio tramandarla a mio figlio, che è un laziale appassionato. Oggi Enrico è entrato nel sistema, si occupa del settore giovanile. È un ragazzo che ha tanta voglia. Si è laureato in Giurisprudenza, fra poco diventerà avvocato, anche se non eserciterà».

Lotito e sulle minacce e i tifosi: «Ormai ci sono abituato. I tifosi non sono quelli di una volta»

Il patron si scaglia infine contro le minacce che riceve al telefono: «Ho solo tre cellulari, sono legati alle varie attività: calcio, aziende e vita privata. I rompiscatole invece chiamano a tutte le ore del giorno e della notte. Ormai sono abituato, anche se ricevo minacce di morte e altre cose sgradevoli. Sono 20 anni... A una persona normale incutono timore, io sono abituato. Più fanno così e più io divento una persona che vuole far valere il rispetto delle norme e dell'istituzione. Io sono un combattente, quando sono entrato in questo mondo ho visto situazioni assurde vissute come se fossero normali. Il tifoso può criticare, ma a mio parere mai infamare. Questo denota una pochezza della qualità delle persone. Noi dobbiamo recuperare la vera cultura sportiva. Il tifoso di una volta era legato al colore di una maglia, sposava una posizione a vita. Oggi è tutto un apparire e basta. La scorta? Ci si abitua. Ti comporta delle limitazioni alla privacy, ma fa parte del mio ruolo».

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