Napoli, l’ultima sceneggiata può avere un solo epilogo: pace società-calciatori

Napoli, l’ultima sceneggiata può avere un solo epilogo: pace società-calciatori
di Gianfranco Teotino
2 Minuti di Lettura
Lunedì 20 Gennaio 2020, 09:30
L’ultima sceneggiata napoletana si sviluppa intorno allo stesso copione della precedente. Il titolo potrebbe essere: il ritiro questo sconosciuto, parte seconda. Stavolta i giocatori ci sono andati, anzi secondo le cronache sono stati proprio loro a richiederlo ad allenatore e società. Non che fosse questa grande autopunizione: domani è in programma il quarto di Coppa Italia contro la Lazio, al massimo sarebbe durato tre giorni scarsi. Ma, com’è e come non è, ieri mattina, dopo una veloce chiacchierata nello spogliatoio, Gattuso ha deciso che potevano già tornarsene tutti a casa.
AMMUTINAMENTO
Impossibile non sorridere sulla vicenda. Buffa, per quanto non grave. Diversa da quella dell’ammutinamento, che continua a pesare sul presente e sul futuro della squadra. Si può dire che l’inizio della fine del Napoli, di quel Napoli che negli ultimi anni era stato per distacco l’unica credibile alternativa alla Juventus in campionato e la seconda squadra italiana in Europa, ha una data precisa: il 5 novembre. La ferita che quel giorno tutto il Calcio Napoli si auto-inferse non è ancora stata minimamente rimarginata. Il ritiro ordinato da De Laurentiis in modo improprio e dopo alcune altrettanto improvvide uscite del presidente, strafottenti nei confronti di alcuni suoi dipendenti (Mertens e Callejon in particolare), il rifiuto dei giocatori di obbedire alla decisione della società, l’atteggiamento ambiguo di Ancelotti, la lite furiosa negli spogliatoi del San Paolo, le pesantissime multe inflitte a tutti i calciatori: un insieme di lacerazioni le cui conseguenze non potevano essere sanate da un banale cambio di allenatore.
COME L’UDINESE
Che oggi il Napoli annaspi nella parte destra della classifica, molto sotto a Cagliari, Parma e Verona e con gli stessi punti fra gli altri dell’Udinese, è circostanza così clamorosa da non poter semplicemente chiamare in causa le scelte tecniche, di modulo o di formazione, dei due allenatori. Liberi tutti di pensare che l’esperienza di Ancelotti avrebbe evitato il precipitare della crisi a questi livelli, sarebbe però ingiusto attribuire a Gattuso (4 sconfitte in 5 partite di campionato) le responsabilità del crollo. Né si può sperare che i nuovi acquisti Demme e Lobotka, buoni centrocampisti, non certo due fenomeni, possano ribaltare la situazione. L’ha elegantemente fatto notare anche il povero Gattuso: continua a mancare la voglia dei giocatori di dare tutto in campo, di esprimersi ai loro livelli migliori. Ed è difficile immaginare che questa voglia ritorni finché non si arriverà alla pace con la società. A De Laurentiis, suo malgrado, per salvare il salvabile, tocca fare il primo passo. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA