La maglia numero 10 dell'Albiceleste più grande del mondo ha rallegrato il cielo azzurro di Rosario prima di Argentina-Croazia, trascinata da un elicottero: è la città di Leo Messi, l'uomo che sta scatenando deliri e miraggi. Dalle urla scomposte in tribuna stampa all'articolo adorante del New York Times («il maestro dirige e la banda suona i successi»), fino allo spot di una nota marca di birra del paese di Leo, in cui si gioca sulle affinità elettive tra il 1986 e il 2022, ovvero il mondiale vinto da Diego Armando Maradona e quello che potrebbe conquistare, all'ultimo tentativo, Messi. Domenica, comunque vada, sarà l'esibizione finale della Pulce sul palcoscenico iridato, la numero 26, record assoluto: «Confermo che questo sarà il mio congedo al torneo le parole consegnate nella Cayenna della zona mista dopo il 3-0 sulla Croazia -. Al prossimo manca troppo tempo, ma posso ancora sollevare la coppa».
Arriva lui
Ecco, il punto è questo: ultima e senza appello.
Ribellione
La luce di Leo, cinque gol e tre assist, ha oscurato tutta la compagnia cantante di questo mondiale: Ronaldo, Neymar, Lewandowski, Kane sono a casa da un pezzo, scontando, in alcuni casi, i loro peccati. L'azione che ha mandato in gol Alvarez, per il 3-0 sulla Croazia, ha liberato gli istinti divinatori. Una perla, ma lontana dal diamante del 2-0 rifilato da Maradona agli inglesi nel 1986, partendo dalla sua metà campo e saltando cinque giocatori: non osiamo pensare che cosa sarebbe accaduto se Leo avesse concesso una replica. Altro che dribblare i cammelli, espressione che ha folgorato persino la Naciòn. Gli argentini ringraziano e godono. Hanno regalato al calcio due geni come Diego e Leo. Possono portare a casa la terza coppa e avvicinare il duo Italia-Germania a quota quattro. Possono guardare dall'alto in basso i brasiliani, bastonati il 10 luglio 2021 a Rio de Janeiro nella finale dell'ultima Copa America. Scrive il Guardian: il quinto mondiale di Messi è una ribellione. Forse per questo, dopo decenni di confronto tecnico con Diego, in Qatar il dibattito si è spostato sulla leadership. Leo è stato il più maradoniano di sempre. Anche per questo i tifosi adoranti e i compagni di squadra lo contemplano sotto una luce diversa. «Non ho mai visto nulla di simile in un mondiale», le parole del portiere Màrtinez. «E' una follia gioiosa. Un personaggio straordinario. Un esempio per tutti noi. Ci ha trascinato», il riconoscimento di Romero. Julian Alvarez, che all'età di undici anni fece una foto con Leo, racconta: «Le cose che inventa sul campo sono straordinarie, ma è grande anche fuori». Ha fatto Maradonaing, sussurra il Guardian. «Non so se sia stato il mio miglior mondiale, ma mi sono davvero divertito». Anche noi, se questo può interessare.