La Lazio si affida agli Inzaghi boys, il tecnico ha saputo creare un gruppo che in campo dà tutto

La Lazio si affida agli Inzaghi boys, il tecnico ha saputo creare un gruppo che in campo dà tutto
di Emiliano Bernardini
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Sabato 29 Aprile 2017, 07:30
Le sette giornate del campionato scorso sono servite ad Inzaghi per annusare l’aria di uno spogliatoio distrutto da invidie e lotte intestine. La prima mossa al suo “ritorno” è stata quella di aprire le finestre e far uscire quelle nuvole nere che avevano intossicato i polmoni e le menti dei giocatori. Simone è nato e cresciuto in un gruppo vincente, dove le regole e l’unione in campo erano l’essenza per vincere.

 
Ed è proprio quello che ha voluto portare nella sua Lazio. Facilitato dal taglio di qualche ramo marcio ha parlato faccia a faccia con tutti: «Vinciamo uniti o andiamo tutti a fondo». Tradotto o ci aiutiamo oppure non sarò il solo a finire male. In quel rovente luglio sulle Dolomiti erano i punti interrogativi a dominare la scena, oggi invece ci sono quelli esclamativi per una squadra che ha conquistato tutti con il suo gioco e il suo entusiasmo. I biancocelesti hanno capovolto il mondo prendendosi per mano e lottando da squadra. Anche la gestione dei casi più spinosi, vedi Keita, è stata praticamente perfetta. Balde è stato messo nelle condizioni di capire i suoi errori e di trasformare le sue bizze in punti di forza per il gruppo. Quello stesso gruppo che al tempo stesso ha capito quanto quel ragazzino fosse importante. E oggi il senegalese è un punto di forza. Certo non è tutto rose e fiori, ma di sicuro tanto è cambiato.

IL PROCESSO
Inzaghi è stato poi bravissimo ad inserire quei tanti giovani, figli suoi, che per lui sono disposti a dare il 120% ogni volta che scendono in campo. Ecco allora che Murgia entra e segna, così come Lombardi, e Strakosha vola da un palo all’altro. I veterani poi si sono stretti intorno al tecnico biancoceleste e lo aiutano costantemente nella gestione. Parolo, Radu e Lulic, i tre tenori pronti a cantarle a chiunque sgarri. Biglia invece è l’espressione di Inzaghi in mezzo al campo. E’ lui a dare le direttive ai compagni e a prenderseli sulle spalle per trascinarli verso il traguardo. L’appetito poi vien mangiando e così Felipe Anderson, seppur non con un sorriso smagliante, corre avanti e indietro per tutta la fascia, macinando chilometri e rinunciando qualche volta ad usare le sue energie per i dribbling ed impiegandole invece per qualche recupero palla. Il brasiliano si è trasformato e ora alterna fioretto e sciabola. Davanti poi c’è Ciro il Grande. Una fenice biancoceleste. Immobile è rinato grazie alla Lazio e non smette più di segnare e infrangere record. È proprio questa unione che ha permesso ad Inzaghi di poter cambiare la Lazio, plasmandola continuamente e facendola diventare una creatura camaleontica. Il sacrificio alla base del successo.

IL PARADOSSO
Ed è stato proprio il derby d’andata a solidificare un gruppo che aveva già dato prova della sua forza. L’errore di Wallace ed il ko avrebbero potuto seppellire una squadra giovane e inesperta ed invece da quel tonfo la Lazio si è rialzata più forte nei singoli e nel gruppo. Essere sconfitti dai giallorossi ha dato rabbia e fame di vittorie e non è un caso che nei due successivi i biancocelesti si siano trasformati. Straordinaria prova corale nel 2-0 dell’andata, stessa situazione al ritorno, nonostante la partita sia finita 3-2 per la Roma. Mai sconfitta fu tanto dolce. Al di là dei moduli e degli interpreti, Inzaghi punta sul suo gruppo, sui suoi ragazzi per regalare un’altra gioia infinita ai tifosi. 
 
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