Inter, encefalogramma piatto e battiti del cuore irregolari

Ivan Perisic al tappeto
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 5 Febbraio 2018, 10:51 - Ultimo aggiornamento: 18:30
Dieci partite senza neppure una vittoria, otto in campionato, uno storico record negativo eguagliato. Sì, certo l'Inter è ancora quarta in classifica, oggi sarebbe qualificata per la Champions, che poi era l'obiettivo realistico di inizio stagione. Eppure, in casa nerazzurra non si può più parlare di campanello d'allarme, ma di crisi vera e propria. La sera dell'ultimo successo, un rotondo 5-0 al Chievo, il 3 dicembre scorso, Spalletti festeggiava addirittura la vetta solitaria della classifica: un punto più del Napoli, due più della Juventus. Da non credere. In senso letterale: perché allora non è che la squadra riempisse gli occhi, tutt'altro, e tutti quei risultati eccellenti, quasi sempre propiziati da guizzi di un giocatore solo, Icardi, erano puntualmente accompagnati da critiche a un modo di stare in campo mai convincente.
 
LA CRISI
Adesso l'Inter gioca ancora peggio e non vince più, a dispetto del luogo comune secondo cui vincere giocando male aiuta a crescere. E' una squadra spenta, neppure il cambio di modulo provato da Spalletti contro il Crotone è riuscito a dare una pur minima scossa, a differenza di quanto accaduto alla Roma di Di Francesco a Verona. Encefalogramma piatto e neppure il cuore batte più con regolarità, sembrano tutti svogliati. Forse anche la delusione del mercato ha contribuito a deprimere ulteriormente l'ambiente. Si parlava ogni giorno di giocatori di livello in arrivo (Ramires, Pastore, lo stesso Sturridge) e invece alla fine, a parte un difensore centrale di riserva in più, la rosa è rimasta ristretta: via Joao Mario, al suo posto ecco Rafinha, uno di qualità, ma assente dai campi da dieci mesi e perciò lontano da una condizione accettabile, nonostante ci sarebbe gran bisogno di lui subito. La proprietà cinese è solida ma ha il braccino corto è qui per imparare (calcio), non per vincere, i soldi preferisce spenderli per vincere a casa propria. Joao Mario del resto è il simbolo degli errori dell'Inter degli ultimi anni, dopo l'addio di Moratti: si individuano giocatori in genere di buon livello (Joao Mario, per dire, era titolare nel Portogallo campione d'Europa e sarà protagonista ai Mondiali), li si strapagano e poi si cerca, chissà perché, di stravolgerne le caratteristiche: in genere, si cerca di trasformarli tutti in trequartisti, forse perché si parte dal presupposto che Icardi non gradisce avere altri attaccanti intorno. Neppure Spalletti finora è uscito da questo equivoco. Anche perché l'unica punta di supporto in rosa è Eder, non proprio un fulmine di guerra. Così come non ci sono alternative a Borja Valero, nonostante il suo evidente logorio. Per questo Spalletti dice di essere preoccupato. Chissà che cosa gli avevano promesso. Il suo nervosismo cresce a livelli romani. L'obiettivo Champions è davvero in pericolo.
 
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