LA CRISI
Adesso l'Inter gioca ancora peggio e non vince più, a dispetto del luogo comune secondo cui vincere giocando male aiuta a crescere. E' una squadra spenta, neppure il cambio di modulo provato da Spalletti contro il Crotone è riuscito a dare una pur minima scossa, a differenza di quanto accaduto alla Roma di Di Francesco a Verona. Encefalogramma piatto e neppure il cuore batte più con regolarità, sembrano tutti svogliati. Forse anche la delusione del mercato ha contribuito a deprimere ulteriormente l'ambiente. Si parlava ogni giorno di giocatori di livello in arrivo (Ramires, Pastore, lo stesso Sturridge) e invece alla fine, a parte un difensore centrale di riserva in più, la rosa è rimasta ristretta: via Joao Mario, al suo posto ecco Rafinha, uno di qualità, ma assente dai campi da dieci mesi e perciò lontano da una condizione accettabile, nonostante ci sarebbe gran bisogno di lui subito. La proprietà cinese è solida ma ha il braccino corto è qui per imparare (calcio), non per vincere, i soldi preferisce spenderli per vincere a casa propria. Joao Mario del resto è il simbolo degli errori dell'Inter degli ultimi anni, dopo l'addio di Moratti: si individuano giocatori in genere di buon livello (Joao Mario, per dire, era titolare nel Portogallo campione d'Europa e sarà protagonista ai Mondiali), li si strapagano e poi si cerca, chissà perché, di stravolgerne le caratteristiche: in genere, si cerca di trasformarli tutti in trequartisti, forse perché si parte dal presupposto che Icardi non gradisce avere altri attaccanti intorno. Neppure Spalletti finora è uscito da questo equivoco. Anche perché l'unica punta di supporto in rosa è Eder, non proprio un fulmine di guerra. Così come non ci sono alternative a Borja Valero, nonostante il suo evidente logorio. Per questo Spalletti dice di essere preoccupato. Chissà che cosa gli avevano promesso. Il suo nervosismo cresce a livelli romani. L'obiettivo Champions è davvero in pericolo.
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