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COVID

Gravina: «Tifosi e riforme le priorità. L'idea del nuovo format non passa solo dai playoff»

Articolo riservato agli abbonati
27 Dicembre 2020 di Emiliano Bernardini (Lettura 5 minuti)

La pandemia, il successo della ripresa dell’attività, il rilancio della Nazionale e un futuro fatto di riforme e di ritorno alla normalità. Un bilancio più che positivo quello tracciato dal presidente della Figc Gabriele Gravina alla fine del suo primo mandato (seppur di soli due anni): «È stato tutto molto complicato, il Covid ci ha imposto di rivedere le priorità. Eppure il supporto e la collaborazione che la Federazione ha offerto al sistema sono stati determinanti per il prosieguo dell’attività». 
Un pensiero condiviso anche dalle altre componenti, a giudicare dalle designazioni che ha ricevuto per le elezioni del 22 febbraio. La sua sarà una candidatura di sistema
«Come di sistema è stato il mio agire fino ad ora. Le componenti hanno valutato positivamente il mio operato, l’entusiasmo che ho riscontrato è straordinario. L’accreditamento, praticamente unanime, delle 3 leghe professionistiche e l’ottimo rapporto instaurato con calciatori, allenatori e un ampio spaccato del vasto mondo dei dilettanti, non ha precedenti nella storia della Federazione, per numeri e tempistiche. Questo mi ha convinto e motivato a presentare un progetto ancora più ambizioso alla guida della Figc».
Ma torniamo alla primavera scorsa: Cosa l’ha spinta ad andare avanti anche quando tutti erano contro?
«La mia passione per il calcio e un forte senso di responsabilità verso un mondo straordinario».
I contrari alla ripresa alla fine si sono dovuti ricredere
«Preferisco concentrarmi sull’unità che siamo riusciti a creare una volta capita l’importanza dell’azione che aveva intrapreso la Figc. Sono orgoglioso della risposta, seria e responsabile, che il calcio ha offerto al Governo e a tutto il Paese».
Cosa le ha fatto più male in questi ultimi 12 mesi e quella di cui va fiero?
«Sono stato deluso dagli attacchi precostituiti e faziosi. La soddisfazione più grande, invece, è stata l’aver dimostrato che il calcio è migliore di come spesso viene dipinto. E in questo percorso, la Federazione ha recitato una parte fondamentale, acquisendo la credibilità necessaria a governare una situazione tanto complessa, sia all’interno sia all’esterno del calcio». 
Si è parlato a lungo dei dissidi con il vicepresidente Sibilia, non pensa che per il bene del calcio sia opportuno ricucire lo strappo?
«Le esigenze dei dilettanti sono state tenute in grande considerazione dalla Figc e, con me alla presidenza, continuerà ad essere così. Con Sibilia ho sempre avuto un rapporto di leale collaborazione, diciamo piuttosto che alcune intromissioni esterne hanno generato distanze e tensioni inutili. Il messaggio inviato da tutte le altre componenti federali, che vogliono proseguire il lavoro che abbiamo iniziato, è molto chiaro». 
Il calcio ha bisogno immediato di riforme: qual è la prima che farà in caso di rielezione?
«Metterò tutti intorno ad un tavolo per riprendere a discutere della riforma complessiva del sistema. Prima dello scoppio della pandemia avevamo iniziato un percorso per il rilancio definitivo del calcio italiano, che deve ridefinire un nuovo rapporto tra le Leghe. Solo dopo si potrà incidere sui format. Per rendere più snella e rappresentativa la Federcalcio che verrà, è mia intenzione convocare un’assemblea straordinaria per confrontarci».
Ma la sua idea di format prevede play off e play out?
«Sono un grande sostenitore dei play off, ma non possiamo ridurre tutto solo a questo, le mie idee le proporrò nei tempi e con le modalità corrette. Quest’anno il campionato di Serie A è molto avvincente, eppure bisogna interrogarsi in continuazione su come renderlo sempre più incerto e affascinante».
‘Sconto’ sulle imposte, il possibile ingresso dei fondi, non pensa però che la serie A debba rifondarsi? 
«Non è stato chiesto nessuno sconto. L’intervento che riguarda la sospensione del pagamento di tasse e contributi è un atto di giustizia e di realismo politico. Il calcio, come tanti altri settori produttivi del nostro Paese, sta soffrendo la crisi generata dalla pandemia e non si capisce perché possa veder riconosciuto una sorta di stato di emergenza. Parallelamente è stata avviata una profonda analisi di revisione sia della governance sia dei costi del sistema che, insieme alla valorizzazione del brand, farà della nostra massima Serie un prodotto con maggiore appeal».
L’obiettivo è far tornare i tifosi allo stadio: secondo lei è possibile già a gennaio?
«Questa è la nostra speranza. Al momento però non ho indicazioni da parte del Governo. Ogni decisione andrà condivisa e valutata in base al contenimento del virus» 
Altro tema importante è quello della giustizia sportiva. Un duro colpo è arrivato pochi giorni fa dal Coni...
«Il ruolo di presidente federale impone imparzialità e rispetto, quindi non entro nel merito della singola decisione del Collegio di Garanzia. Una cosa però voglio dirla».
Dica pure...
«La giustizia della Figc è amministrata da giuristi di grandissimo valore, che esercitano il loro compito scrupolosamente, con passione e dedizione, senza condizionamenti. È quantomeno irrituale che, almeno ultimamente, quasi tutte le decisioni vengano riscritte senza nemmeno consentire un nuovo giudizio». 
Del contratto di Mancini si è già detto tutto ma tornando indietro rifarebbe quel pranzo con Lippi? Non ha pensato al rischio di rovinare tutto con il Ct?
«È stato montato un caso sul nulla, lo dimostrano i fatti più delle chiacchiere. Solo in Italia il presidente federale non può andare a pranzo con un amico e CT campione del mondo. Con Mancini è tutto chiaro, ma la prossima volta, restrizioni per il Covid permettendo, faremo un pranzo allargato».
Vede l’Italia favorita per l’Europeo?
«Le prestazioni e i risultati degli ultimi mesi hanno consentito agli Azzurri di meritarsi sul campo questo appellativo, insieme ad altre Nazionali molto forti. Quello che più conta è essere riusciti a tornare in quel ristretto novero di grandi squadre. Sperare comunque non costa nulla». 
L’immagine del presidente federale è spesso legata a quella della Nazionale: Abete si dimise dopo il flop in Brasile, Tavecchio dopo la Svezia. Lei deve ringraziare molto Mancini
«Il lavoro di Roberto è straordinario e tutti i tifosi della Nazionale gliene sono grati, io per primo. Ma se gli Azzurri si esprimono al meglio è anche merito di chi non finisce sui giornali, di un Club Italia rinnovato e di uno staff federale che è al servizio del nuovo ‘Rinascimento Azzurro’ con grande professionalità e altrettanta disponibilità».
Un tema molto importante è quello della riforma dello sport, qual è il suo giudizio e come sono i rapporti col Ministro Spadafora?
«Ho sempre avuto un rapporto di grande rispetto e collaborazione con il Ministro, per questo ho segnalato con tempestività tutte le criticità dei decreti. Alcune di queste sono rimaste, ma ci sono comunque delle cose positive come l’apprendistato, una mia vecchia richiesta. Sono convinto che possa essere un istituto che consentirà, soprattutto in Serie C e in parte anche in B, di rivedere la programmazione, abbassare i costi e dare un futuro ai calciatori, formandoli per il mondo che li aspetta una volta chiuso con il calcio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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