Tortu: «Il mio 2022 a doppia velocità. Io, maniaco degli allenamenti come Kobe»

Tortu: «Il mio 2022 a doppia velocità. Io, maniaco degli allenamenti come Kobe»
di Alberto Mauro
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Sabato 30 Ottobre 2021, 00:40

A volte sbilanciarsi è l’unico modo per ritrovare l’equilibrio, un rischio che però non tutti sono disposti a correre. «A Nanchino mi sono buttato sul traguardo, procurandomi due fratture scomposte a braccio. I compagni mi prendevano in giro, ma l’ho rifatto alla gara successiva. È per non avere rimpianti: quel tuffo è l’essenza del mio sport, di come lo vivo io. Un centesimo fa la differenza, lo ha sempre fatto in tutta la mia carriera».


La rincorsa di Filippo Tortu inizia da bambino.
«Non c’è stato bisogno di indirizzarmi, da piccolo il momento in cui mi sentivo più felice era quando facevo sport. Anzi, i miei hanno dovuto limitarmi tra calcio, basket, sci, nuoto e atletica. Una sola regola in casa: non m’interessa quale, basta che tu faccia sport».


C’è chi sostiene che un papà allenatore sia un limite.
«Invece è una grossa fortuna, nessuno ti conosce meglio di lui. Mi ha sempre dato grandi responsabilità e tanta libertà, anche di sbagliare. Ai campionati europei avevo 18 anni, non è venuto per insegnarmi a gestire situazioni del genere da solo. Grazie a lui sono diventato presto autosufficiente, mi ha sempre messo di fronte alla scelta del tipo di persona che volevo essere, indirizzandomi senza pressioni».


Quando ha capito di essere diventato un campione?
«Non ne sono ancora pienamente convinto, mi capita raramente di essere soddisfatto di me stesso. Dopo la staffetta ad esempio, ma è durato la sera della gara. Dal giorno dopo non ci penso più».


Si può essere perfezionisti senza l’ossessione dei record?
«Ci sono due tipi di ossessione. La prima è negativa e ti logora, l’altra è quella che aveva Kobe Bryant. Leggendo il suo libro ho capito molte cose; dicevano che solo lui fosse in grado di fare quei sacrifici, ma se è quello che ti piace non è un sacrificio. Io mi alleno giorno e notte e non mi pesa. Non sono ossessionato dai tempi e dai record, ma non riuscirei ad accettare un fallimento sportivo sapendo che magari ho saltato un paio di allenamenti per pigrizia».


Quindi in casa Tortu non si sgarra mai?
«Riesco a separare pista e vita privata.

Ma il sabato no. Ho sempre l’allenamento più importate della settimana e se va male non riesco a godermi la serata, non me la sento nemmeno di uscire con gli amici. Nell’atletica ci sono poche competizioni all’anno, il sabato è la mia gara».


A proposito, a cosa pensa durante le gare?
«I 100 metri sono istinto, memoria muscolare, tutto automatico. Nei 200 penso molto di più: bisogna ragionare sull’uscita, la curva, devi gestirti. La staffetta è stata la gara più consapevole che ho fatto. Ero lucido, quasi come se la mente fosse scollegata dal corpo».

Filippo Tortu, record personale (20''11) a Nairobi nei 200 metri: è il secondo tempo di sempre dietro Mennea


Vorremmo riviverla attraverso i suoi occhi.
«D’accordo. Sono arrivato al mio segno camminando all’indietro, volevo visualizzare il rettilineo. Allo sparo è brutto, sei uno spettatore coinvolto al 110% ma non puoi fare nulla. Ho visto Lorenzo partire, la prima paura è una falsa partenza. Ma lui è partito molto bene. La seconda paura è il primo cambio, superato alla grande. Ho visto Marcell correre come un treno. Eravamo nelle prime posizioni. Ma non ho fatto in tempo a vedere il cambio successivo perché mi sono dovuto mettere giù, poi ho pensato solo a correre il più velocemente possibile».


Nella prossima stagione la vedremo anche sui 200? 
«Dicono tutti che è la distanza ideale per me, ma esprimono opinioni senza conoscermi come mi conosco io. Ora mi sento un centometrista, ma le cose magari cambiano. So che sui 200 posso andare bene, ma ho sempre avuto infortuni e situazioni che mi hanno limitato, costringendomi a ripiegare sui 100. L’anno prossimo voglio andare forte su entrambe le distanze».


Pace fatta con Jacobs?
«È stata una montatura, da parte mia non c’è mai stato alcun rancore verso di lui, e nemmeno da parte sua verso di me. C’è solo tanta competizione sana e sportiva, e un bel rapporto fuori dalla pista. Nessuna frizione. E non è vero che voleva fare lui l’ultima frazione: hanno capito male cosa intendeva».
 

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