Cristiana Capotondi a Giffoni: «E ora torno in tv nel ruolo di una vittima di mafia»

Cristiana Capotondi a Giffoni
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Giovedì 20 Luglio 2017, 13:22
Ormai Cristiana Capotondi, ospite oggi al Giffoni Film Festival, dov’è protagonista di un incontro con i ragazzi, ha abbondantemente dimostrato di non aver paura di calarsi nei panni di donne anche vittime di incredibili violenze, ma forti e coraggiose, pronte a rischiare fino in fondo per una battaglia civile. Dopo essere stata Lucia Annibali nel film tv per Rai1 “Io ci sono - La mia storia di non amore”, la vedremo in un film tv per Canale 5 diretto da Fabio Mollo nei panni di Renata Fonte, mamma e assessore del Comune di Nardò, in Salento, paladina di una battaglia contro la speculazione edilizia e gli illeciti ambientali nell’area di Porto Selvaggio, uccisa a 33 anni nel marzo del 1984 e riconosciuta vittima di mafia. 

«Quella di Renata Fonte è una storia incredibile - spiega -. È una donna molto determinata che si incarna letteralmente in un luogo, e si batte per difenderlo fino alla morte. Una storia di grandissimo coraggio; è andata avanti senza cedere a nessun compromesso. Mi ha entusiasmato interpretarla». E Fabio Mollo «è un regista con una grande sensibilità, la ritrae in modo dolce, la racconta come fosse sua madre». L’interprete di Sissi, ha anche appena finito, il 1 luglio, le riprese dal nuovo film di Marco Tullio Giordana, Nome di donna: «Marco è un artista e un uomo straordinario, una persona di grande libertà, e con una grande umanità, poetico ma anche molto pratico e semplice. Mi ha insegnato moltissimo. Sul film però non posso dire ancora nulla». 

Stando comunque a Filmitalia, la protagonista, Nina, è una giovane donna che si trasferisce con la figlia in un paesino della bassa Lombardia, dove ha trovato impiego in una prestigiosa clinica privata in cui lavorano molte altre ragazze, italiane e straniere. Una piccola comunità femminile unita da un segreto. A chi chiede alla giovane attrice quanto sia importante dare vita oggi a personaggi come Lucia Annibali spiega: «noi donne dobbiamo prenderci una responsabilità importante, come madri di uomini, sorelle di uomini, amiche o colleghe di uomini nell’accompagnarli in un percorso per portarli a non vedere più la nostra emancipazione associata alla rabbia. Ormai non ci sono più solo grandi donne dietro ai grandi uomini ma grandi donne capaci di costruirsi da sole una strada». 

E lei come interprete, ama portare in scena donne italiane diventati esempi, «come Lucia, che ha reagito a quel tipo di violenza con una forza, una volontà e anche un’autoironia che forse neanche sapeva di avere» aggiunge. Un modo per lei «anche di esprimere un forte patriottismo che sento da sempre. Quando ho vissuto per otto mesi a Parigi non vedevo l’ora di tornare».
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