Per i supplenti italiani le buone notizie vengono dall’Europa. Sono ben due le misure che li riguardano inserite nel disegno di legge “salva-infrazioni”: per adeguarsi all’ordinamento comunitario, il governo ha deciso di assegnare anche a loro la carta da 500 euro utilizzata dai docenti per acquisti relativi ad aggiornamento e formazione (quindi libri, pc, tablet, corsi o altro) e contemporaneamente di riconoscere i cosiddetti servizi pre-ruolo ai fini delle ricostruzioni di carriera.
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L’estensione della platea degli aventi diritto alla carta istituita a suo tempo dal governo Renzi scatta per il 2023 e riguarderà circa 84 mila docenti precari della scuola.
LA STIMA
Lo Stato italiano quindi si adegua per evitare una procedura di infrazione: avranno la carta anche i docenti con contratto di supplenza annuale su posto vacante e disponibile. Più precisamente la stima inserita nella relazione tecnica conteggia 67.497 docenti annuali a tempo determinato (quelli che con formazione e prova Fit, ovvero Formazione iniziale e tirocinio) e 16.470 docenti di religione. Per un totale di 83.967 dipendenti della scuola. Per lo Stato la spesa prevista è di circa 42 milioni di euro per il solo anno 2023: al momento la norma infatti riguarda solo l’anno in corso.
Altrettanto rilevante, anche se più complesso, è l’articolo 15 del decreto, che tocca non solo i docenti a tempo determinato ma anche il personale amministrativo, tecnico e ausiliare con contratto dello stesso tipo. Anche in questo caso la normativa comunitaria rilevante è la direttiva 70 del 1999: esiste già una procedura d’infrazione (risalente addirittura al 2014) che contesta proprio la situazione di discriminazione a svantaggio dei lavoratori a tempo determinato. Anche loro quindi si vedranno riconoscere integralmente l’anzianità di servizio ai fini della ricostruzione della carriera.
LA VICENDA
Si conclude così una lunga vicenda giudiziaria, riepilogata nella relazione illustrativa del provvedimento. Con varie pronunce, tutte dello stesso segno, la Corte di Cassazione aveva già stabilito che le ricostruzioni devono tener conto della normativa europea e dunque includere tutta l’anzianità. Finora tuttavia toccava al giudice del lavoro, nei casi concreti, applicare l’interpretazione più favorevole su richiesta degli interessati. Da questo assetto è nata ovviamente una mole di contenzioso che ha danneggiato doppiamente lo Stato. Da una parte infatti il personale che faceva ricorso contro le ricostruzioni effettuate dalle scuole vinceva regolarmente, con conseguenti oneri per il bilancio pubblico. Dall’altra lo stesso contenzioso portava alla richiesta aggiuntiva del risarcimento del danno “derivante dall’abuso di ricorso ai contratti a termine”. Con ulteriori esborsi per lo Stato.
Luca Cifon