Aule vuote, che restano senza alunni e con i docenti che, inevitabilmente, sono in esubero: così l’inesorabile calo demografico sta cambiando anche il volto della scuola italiana. Un processo iniziato anni fa e che adesso, purtroppo, sta accelerando arrivando anche ai livelli più alti della scuola dell’obbligo. All’appello, il prossimo anno, mancheranno infatti 130 mila studenti: le lezioni che partiranno e settembre prossimo avranno infatti non pochi banchi vuoti rispetto all’anno appena concluso, dalla scuola elementare alle superiori. Gli allarmi sulla natalità si traducono nel mondo della scuola con il taglio netto di intere classi. Restano vuote per mancanza di iscritti: sono lontani gli anni in cui le scuole aprivano nuovi plessi per le sedi succursali. Adesso il futuro è fatto di riduzioni, di cali di presenze.
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LA DISCESA
Se per l’anno scolastico 2023-2024 ci saranno quasi 130mila studenti in meno, vuol dire che salteranno circa 5mila classi calcolando una media di 25 studenti ciascuna.
Se ci sono sempre meno studenti, ci sono anche sempre meno classi: ne sanno qualcosa le scuole elementari costrette, da anni ormai, a perdere aule. Lo stesso sta avvenendo alle scuole medie e ora anche alle superiori. Stanno perdendo quota soprattutto i licei classici, che nelle iscrizioni hanno visto diminuire le preferenze scendendo dal 6,2% di un anno fa all’attuale 5,8%: una discesa che, anche in questo caso, prosegue da anni nonostante i tentativi di riportare in auge, tra gli adolescenti, lo studio del greco e del latino. Ma senza risultati. La stessa perdita si registra, quest’anno, anche tra gli istituti professionali che sono passati dal 12,7% di iscrizioni del 2022-2023 al 12,1% di preferenze per il 2023-2024. In entrambi i casi le prime classi verranno ridotte in gran numero: con i maturandi che usciranno dalla scuola superiore a luglio, le stesse sezioni non verranno confermate. Possono sparire una, due, anche 4 sezioni di prime classi. Si tratta di un fenomeno che si sviluppa diversamente da regione a regione: ad esempio in Emilia Romagna gli istituti professionali restano tra gli indirizzi più quotati con il 15,6% di preferenze, piazzandosi al primo posto in Italia, e per questo non dovrebbero avere problemi di tagli. A Roma, invece, restano sul podio i licei scientifici ma perdono terreno i classici. E nelle singole scuole l’aria si fa pesante: chiudere una sezione per mancanza di alunni iscritti, infatti, significa anche dover spostare i docenti in altre sedi. A mano a mano anche i bidelli dovranno trasferiti. Gli insegnanti in esubero devono essere ricollocati in altre scuole, possibilmente vicine, dove servono insegnanti della stessa classe di concorso ma non è sempre così semplice: il ministero dell’istruzione e del merito ha assicurato che non ci saranno tagli al personale, a livello nazionale, ma ci saranno inevitabilmente dei forti flussi di mobilità.
I FLUSSI
Anche in questo caso si tratta di un’escalation che va avanti da anni, anche se i flussi sono diversi di anno in anno e non sempre in costante crescita anche perché molto dipende dai pensionamenti e dalla mobilità per scelta del personale. Osservando i dati dell’ultimo report della Cisl scuola sugli esuberi, nell’ambito della mobilità del personale scolastico, si registrano i picchi più alti ad esempio tra il 2017-2018, quando la scuola dell’infanzia aveva 898 docenti soprannumerari, e il 2022-2023 quando sono diventati 1025. Alle elementari si è passati dai 494 esuberi dell’anno 2021-2022 ai 595 del prossimo anno, alle medie invece nel 2021-2022 i docenti da spostare erano 627 e ora sono 840 mentre alle superiori si è passati dai 1095 soprannumerari del 2021-2022 agli attuali 1383. Per ora il Governo ha assicurato che non ci saranno tagli al personale né chiusure di interi edifici scolastici.
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