Filippo Turetta, dal nastro adesivo ai soldi in contanti per la fuga: le prove del piano premeditato e tutti i punti oscuri

Sabato 25 Novembre 2023, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 18:20

I punti oscuri

Dagli atti dell'inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Bruno Cherchi e dal pm Andrea Petroni, viene a galla che il telefono di Giulia, che allo stato non risulta essere stato ritrovato, agganciò come «ultimo dato disponibile», verso le 22.45, una cella di Marghera, vicino al centro commerciale dove i due giovani avevano cenato. Da quel momento in poi sarebbe risultato spento (quello di Turetta ancora alle 23.29 agganciava la cella di Fossò), anche quando la studentessa, prossima alla laurea, fu aggredita la prima volta nel parcheggio a 150 metri da casa. Scena che un vicino vide in parte allertando il 112, senza riuscire, però, a segnalare il numero di targa dell'auto, tanto che non venne inviata alcuna pattuglia. Il giorno successivo Gino, papà di Giulia, presentò denuncia di scomparsa mettendo nero su bianco che temeva per la «incolumità di mia figlia».

Lei, ha spiegato il padre, l'aveva lasciato anche per la sua «eccessiva gelosia». E dopo la fine della relazione era comunque «insistente e possessivo al punto che Giulia - si legge - aveva deciso di troncare definitivamente anche il loro rapporto di amicizia». Tuttavia, continuava a frequentarlo «poiché, a dire di mia figlia, l'ex fidanzato nell'ultimo periodo era depresso e pertanto, per paura che potesse attuare qualche gesto inconsulto, cercava di stargli vicino». Lui che, ha scritto il gip, si era nascosto dietro «una vita all'insegna di un'apparente normalità», prima di compiere quel «gesto folle». Potrebbe decidere di parlare davanti al giudice, mentre la sua difesa, col legale Giovanni Caruso, studierà gli atti e valuterà un'istanza di perizia psichiatrica.

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