Diabolik, parlano i genitori: «Ergastolo a chi l'ha ucciso». Al via il processo per il delitto di Fabrizio Piscitelli

Moglie e figlia di Diablo, che non sono parte civile, citate tra i 114 testi chiamati dalla difesa

Diabolik, parlano i genitori: «Ergastolo a chi l'ha ucciso». Al via il processo per il delitto di Fabrizio Piscitelli
di Alessia Marani
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Venerdì 24 Febbraio 2023, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 14:52

«Siamo convinti che la Procura farà di tutto perché si arrivi al risultato finale: ossia all'ergastolo per Calderon e per chi è, o sono, i mandanti dell'omicidio di Fabrizio e per tutti i loro fiancheggiatori». Lo hanno ribadito ieri mattina, tramite i loro legali, lasciando l'aula bunker di Rebibbia, i familiari d'origine di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, il capo ultras della Lazio freddato con un colpo di pistola alla nuca mentre era seduto su una panchina nel parco degli Acquedotti il 7 agosto del 2019. Ieri, davanti alla Corte d'Assise, all'avvio del processo che vede sul banco degli imputati l'argentino Raul Esteban Calderon, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, sono comparsi la sorella Angela e il fratello Andrea, costituiti parte civile insieme con i genitori rimasti a casa perché anziani e in condizioni precarie di salute. Spiega l'avvocato Tiziana Siano che assiste Angela, papà Bartolomeo e mamma Maria - mentre Andrea è seguito dall'avvocato Luca Ranalli, ieri impossibilitato a esserci - che «non è loro interesse arrivare a un risarcimento pecuniario, ma sostenere la Procura nel suo compito e vigilare perché si arrivi a un risultato certo: ossia il riconoscimento della responsabilità penale del Calderon e questo non può che avvenire, a nostro avviso, se non con l'ergastolo».

LE RICHIESTE

L'argentino, accusato di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi, è apparso in videocollegamento. Sono 114 i testi che la difesa intende portare in aula, tra questi gli stessi familiari di Piscitelli (comprese moglie e figlie che però non si sono costituite parte civile), numerosi agenti della polizia di Stato e della penitenziaria, nonché personaggi amici e sodali del Diablo, quali Fabio Fabietti e Marco Turchetta, arrestati per narcotraffico, e finanche un giornalista del Corriere della Sera. L'obiettivo è quello di scardinare l'impianto accusatorio, facendo leva soprattutto su alcuni punti: la pistola, la deposizione chiave della compagna di Calderon, Rina Bussone e l'ammissibilità delle intercettazioni Sky ecc, decriptate dalle polizie francesi e olandesi.

Tra i testi che la difesa vorrebbe convocare anche il gioielliere a cui la Bussone sottrasse la pistola durante una rapina. Altro punto la validità delle dichiarazioni di Enrico Bennato, accusato con Calderon dell'omicidio dell'albanese Shehaj Selavdi, avvenuto nel settembre del 2020 a Torvaianica, per il quale la difesa potrebbe richiedere una perizia psichiatrica. Dal canto suo la Procura ha chiesto l'ammissione di una lista di testimoni composta da circa 50 persone. I giudici, in ogni caso, si sono riservati di decidere e l'udienza è stata rinviata al 7 marzo per le questioni preliminari.

 

LA PAURA E LA VERITÀ

Intanto c'è da annotare che la Procura ha voluto assegnare al caso altri tre magistrati: Francesco Cascini, Giovanni Musarò e Mario Palazzi, oltre a Rita Ceraso. Si tratta di altri tre pm nelle cui mani sono passati (e sono) al vaglio alcuni dei fascicoli cardine per decifrare il contesto criminale romano. «Questo ci fa ben sperare - dicono i familiari di parte civile tramite il legale - che la Procura, e del resto ne siamo convinti, continuerà a dare il massimo impegno per arrivare al risultato. Ci vorrà solo pazienza perché la giustizia porti anche ai mandanti perché non possiamo credere che Fabrizio sia morto per avere dato dell'infame al fratello di Bennato. La ricerca dei mandanti e dei fiancheggiatori è ancora in corso, la Procura vuole arrivare a chiarire chi ha voluto la sua morte e noi attendiamo con fiducia».

Assenti in aula la moglie di Piscitelli, Rita Corazza e le figlie Giorgia e Ginevra. Come detto, non si sono costituite parte civile, fatto che difficilmente può essere passato inosservato ai giudici. Rita, in passato, aveva spiegato di avere paura dopo alcuni messaggi social arrivati alle figlie: «E se chi ha fatto del male a Fabrizio volesse farlo anche a noi?». La paura, forse, è più forte della verità?

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