Factory, le accuse ai gestori: «Coprirono uno stupratore»

Factory, le accuse ai gestori: «Coprirono uno stupratore»
di Adelaide Pierucci
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Martedì 4 Agosto 2020, 08:02

Dopo lo choc dello stupro nel loro locale avrebbero preso un accordo, più o meno tacito. Non riferire che quella notte fosse in servizio anche Gabriel Rap Razvan, il venticinquenne romeno all'occorrenza inserviente o buttafuori. Lavorava in nero, quindi meglio tacere. Le indagini sullo stupro al Factory era partita, così, in salita. E ora che Razavan è stato condannato a 6 anni e 8 mesi per violenza sessuale di gruppo ai danni di una cliente, una ventenne di origine etiope, mentre un collega buttafuori è ancora a processo e un terzo stupratore, nel locale da pagante, non è stato ancora identificato, la procura ha tirato le somme per tutti i protagonisti della vicenda, sia per chi ha agito e sia per chi ha nascosto.

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Il risultato: i gestori del locale e un altro addetto sono stati iscritti nel registro degli indagati con l'accusa di favoreggiamento alla violenza, aggravata - secondo i magistrati - dal numero dei partecipanti e dalla minorata difesa della vittima in quel momento ubriaca.

Considerata la gravità dello stupro, che si era consumato nello sgabuzzino del locale la notte tra il 18 e il 19 maggio del 2019, i responsabili del locale avrebbero dovuto da subito collaborare, fornire l'elenco completo dei presenti, compresi i lavoratori non regolarizzati, ed invece per paura avevano preferito glissare.

Una scelta che potrebbe rivelarsi più pesante del previsto. Chi ha mentito agli investigatori, infatti, per il pm Francesca Passaniti, di fatto avrebbe favorito i ritardi nell'identificazione e nella cattura degli stupratori, di cui uno ancora rimasto sconosciuto. La giustizia, intanto, procede su più fronti. Gabriel Razvan per lo stupro al Factory ha incassato da pochi giorni la condanna in abbreviato a 6 anni e 8 mesi. Rispondeva di «violenza sessuale di gruppo» per aver abusato appunto assieme a due complici di una cliente ventunenne «al momento del fatto in condizioni di inferiorità fisica per aver abusato di sostanze alcoliche e con conseguente compromissione della capacità di giudizio e autocontrollo», come precisato dal giudice nell'ordine di cattura.

Per questo proprio il romeno Gabriel Rap Razvan (che per il pm andava condannato a 9 anni) e il collega tunisino Ismail Ichem, 35 anni, erano stati citati con giudizio immediato dal gip Paola Di Nicola Travaglini, su richiesta della procura. Tra le prove cardine tracce di dna sui vestiti strappati via alla ragazza. Per la vittima una serata di divertimento, tra reggaeton e hip hop, si era trasformata in un incubo per lei indimenticabile.

Era stata portata fuori da un primo uomo (mai identificato) in uno sgabuzzino esterno al locale e spogliata con forza «nonostante le sue resistenze» e abusata «nonostante le urla». Il secondo uomo poi, individuato nel magrebino Ismail Ichem, con «la divisa da vigilante», dopo aver assistito «al compimento della violenza da parte del primo uomo», anche lui aveva abusato della giovane, sciogliendo le speranze di lei che avendolo visto vestito da buttafuori aveva pensato che fosse arrivato per soccorrerla. Infine il terzo uomo, individuato in Gabriel Rap Razvan, - secondo la ricostruzione degli inquirenti - la «costringeva ad avere un rapporto». C'erano voluti giorni poi per individuare tutto il personale di sicurezza e di servizio presente nel locale. Le informazioni acquisite erano state incrociate con le testimonianze dei clienti rintracciati, che avevano fornito ai poliziotti foto e video in loro possesso.
Il cerchio si è poi ristretto sulla figura di Ismail Ichem, uno dei buttafuori, tanto più che l'uomo pochi giorni dopo, aveva lasciato l'Italia per rientrare in Tunisia. Verrà catturato solo a novembre, al rientro, nell'aeroporto di Fiumicino, quando si era convinto che non fosse stato riconosciuto.
 

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