Alex ucciso a 14 anni a Roma, la pista della droga e il ruolo del patrigno: identificata la banda

L’appuntamento per regolare i conti dopo il diverbio con un gruppo rivale. Accertamenti su 5 rom per individuare chi ha sparato

Alex ucciso a 14 anni a Roma, la pista della droga e il ruolo del patrigno: identificata la banda
di Camilla Mozzetti
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Lunedì 15 Gennaio 2024, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 09:41

Una rosa di cinque sospettati di origini rom. Tra loro dovrebbe esserci chi, la notte di venerdì, ha esploso più colpi, due dei quali hanno raggiunto e ucciso Alexandru Ivan. I carabinieri del Nucleo investigativo della Compagnia di Frascati non stanno ricercando più nessuno per l’omicidio del 14enne di origini romene: il quadro indiziario è abbastanza chiaro. Si attendono ora i risultati di una serie di accertamenti tecnici per capire, appunto, chi fra quei sospettati nel parcheggio della metropolitana Pantano, alla periferia Sud-Est di Roma, abbia sparato colpendo per errore il ragazzino e chi fra gli altri possa essere accusato eventualmente di concorso in omicidio. Fra questi esami, ci sono gli esiti delle celle telefoniche e quelli degli stub per risalire a tracce di polvere da sparo mentre va rafforzandosi il movente. La sparatoria sarebbe stata l’epilogo di un regolamento di conti, quasi certamente per “dissidi” legati agli stupefacenti. «Un ragazzino di 14 anni non può entrare nel gruppo di qualche adulto e fare c..... con la droga», continuava a ripetere ancora ieri la compagna del padre biologico di Alex, Viorica Spinu.

Ragazzo di 14 anni ucciso a Roma, Alex colpito per sbaglio: l'obiettivo era il patrigno, coinvolto in una rissa due ore prima

La ricostruzione

In base alla ricostruzione dei carabinieri, venerdì sera intorno alle 23 il patrigno del 14enne entra nell’“Esse Cafè” e inizia a discutere animatamente con tre persone (le prime che sono state identificate dai militari grazie alle videocamere del locale).

Con lui c’è anche il minore e fuori al bar alcune persone legate ai tre. La discussione assume i contorni della rissa, proprio davanti alla cassa, sotto l’occhio delle telecamere. «Come quando c’è una torta davanti e si devono spartire le fette», spiegava ieri pomeriggio uno dei camerieri del locale. Poi, a distanza di poco tempo, il patrigno del ragazzo viene contattato da qualcuno che gli dà un appuntamento al parcheggio della metropolitana. Il gruppo dell’uomo, di cui fanno parte anche il fratello e la sua compagna, il figliastro e il nonno materno di Alex, si organizza. Vengono afferrati alcuni bastoni e delle mazze da baseball, una delle quali rinvenuta al parcheggio, e tutti insieme si muovono verso l’area della metropolitana, arrivando prima di chi aveva scelto posto e orario. C’è Alex che, come dirà poi il nonno, nel momento in cui sopraggiunge l’altro gruppo scende dall’auto quando sente i primi colpi e viene poi ferito a morte. Gli “avversari”, stando alla ricostruzione, imboccano il parcheggio da via Casilina a bordo di un’utilitaria di color chiaro. Non è un suv o un veicolo di grossa cilindrata. Forse sono due, forse tre. Quanti e quali di quelli identificati al bar sono lì? Per questo si attendono le risposte degli esami tecnici, mentre i carabinieri già a poche ore dal delitto hanno eseguito delle perquisizioni a casa dei rispettivi sospettati. Resta infatti da trovare l’arma del delitto - o le armi - perché non è escluso che possano essercene delle altre anche se in terra non sono stati rinvenuti bossoli. Forse i colpi che hanno ucciso Alex sono stati esplosi da un revolver e quasi certamente non erano a lui diretti. La sparatoria potrebbe non essere stata programmata: se chi ha dato appuntamento al patrigno del ragazzo voleva ucciderlo, forse non aveva bisogno di fissare un incontro dopo la rissa in un posto dove comunque c’è un impianto di videosorveglianza attivo e ben visibile che, seppur dall’alto e da lontano, ha ripreso parte della scena. Il patrigno del 14enne anche ieri è stato ascoltato per ore dai carabinieri, la sua versione non ha convinto i militari fin dall’inizio. 

I sospettati

I cinque sospettati gravitano all’interno di un gruppo che nella zona, replicando il modello di clan più strutturati ma senza avere con questi “contatti” o “legami” anche familiari diretti, è conosciuto perché dedito alle attività illecite. Spaccio di droga, ma anche furti e ricettazione. «Fanno un po’ come vogliono qui», dicevano alcuni residenti sempre ieri davanti al bar «c’è chi ci lavora insieme e chi se ne tiene alla larga. Sono scelte». Molto resta da chiarire anche all’interno della famiglia di Alex. La mamma, martoriata dal dolore, non è riuscita finora a fornire un racconto lineare. La notte del delitto, non vedendo il compagno, il figlio e il padre rincasare, ma sapendo quasi certamente dove si erano recati e forse anche perché, si è precipitata al parcheggio trovando il figlio già morto. «Non sapevo che uscisse di notte - ha detto Edy, il padre biologico del ragazzino - non doveva essere qui, il patrigno? Ha provato a parlarmi ma non l’ho ascoltato mi chiedo solo che ci facesse mio figlio alle tre del mattino in mezzo alla strada. Questo mi sto chiedendo e qualcuno dovrà rispondere». La prima chiamata di aiuto parte dal parcheggio alle 2.29. È lo zio acquisito di Alex a telefonare, dice: «quelli che hanno sparato se ne sono andati». Prova anche a fare un massaggio cardiaco al ragazzino, ma il 14enne non si muove. «Non respira, non risponde». È già morto.

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