Roma, note immortali a Palazzo Farnese per le nobili serate di Domus Artium

Esegutio il “Quartetto per la Fine del Tempo” di Olivier Messiaen

Roma, note immortali a Palazzo Farnese per le nobili serate di Domus Artium
di Lucilla Quaglia
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Domenica 7 Maggio 2023, 19:04 - Ultimo aggiornamento: 22:15

Note immortali a Palazzo Farnese per l’appuntamento con Domus Artium: l’evento di musica classica ideato da Barrett Wissman per far rivivere serate d’eccezione nelle antiche dimore romane. Questa volta gli ospiti sono accolti dall’ambasciatore francese Christian Masset. Sfilano gli aristocratici Marisela Federici, Maria Pia Ruspoli, l’ambasciatore ucraino Yaroslav Melnyk con consorte, Lucrezia Hardouin di Gallese, la presidente del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici Laura Delli Colli e tanti altri.

La musica scritta nel campo di concentramento

Cocktail di benvenuto e poi si prende posto. Sta per iniziare Olivier Messiaen "Quatuor pour la Fin du Temp".

Una delle pagine più alte di musica da camera del XX secolo. La Sala d'Ercole, capolavoro architettonico e meraviglia della Roma rinascimentale, accoglie i maestri Renaud Capuçon al violino, Kian Soltani al violoncello, Pascal Moraguès al clarinetto e Hélène Mercier al pianoforte. Quattro grandissimi artisti insieme per quello che è l'appuntamento di Domus Artium di più alta spiritualità e straordinarietà da un punto di vista musicale.

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Composto tra la fine del 1940 e i primi giorni del 1941 nel campo di concentramento di Görlitz, dove Messiaen era stato internato, il “Quartetto per la Fine del Tempo” è tra le pagine musicali che maggiormente portano incisi i segni del dramma vissuto proprio nella fase del concepimento dell'opera, nel pieno non solo della Seconda Guerra Mondiale ma in uno dei momenti più bui e drammatici della storia.

La stessa prima esecuzione assoluta avviene all'interno dello stesso campo di concentramento dove Messiaen ha incontrato altri tre musicisti con i quali, per quanto in condizioni disumane, fa musica: unica forma di sopravvivenza spirituale, e non solo. Il Quartetto, suonato per la prima volta dai quatttro musicisti in una gelida serata d'inverno in un piazzale coperto di neve, con strumenti di fortuna (e lo stesso Messiaen al pianoforte) e per un pubblico di 5000 prigionieri intirizziti e per le stesse sentinelle naziste del campo, desta un'attenzione muta e un'emozione infinita che si scioglie in un lunghissimo applauso. Qualche mese dopo Messiaen e i tre musicisti saranno liberati.

 

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Un'opera, si commenta tra i presenti, che oltre ad essere una testimonianza preziosa e commovente, un documento musicale della più aberrante prigionia, è anche una composizione di altissima levatura artistica, magistrale, sintesi di riflessioni profonde di carattere filosofico e teologico sul tempo. Oliver Messiaen scrive: «La mia prima preoccupazione consisteva nell’abolizione del tempo stesso, qualcosa di infinitamente misterioso ed incomprensibile alla maggior parte dei filosofi, da Platone a Bergson». Oltre ad essere frutto della tragica esperienza vissuta nel campo di concentramento, la musica esprime anche il suo forte sentimento religioso, percepibile nel profondo respiro mistico che connota l'intera opera. Applausi e dinner a seguire in giardino.

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