Sparapano, ricostruisce la Questura di Roma in una nota, era stato condannato «per avere organizzato, unitamente ad altri soggetti, un'associazione per delinquere, con ramificazioni in Marocco e Spagna, finalizzata all'importazione nel territorio dello Stato di ingenti quantitativi di hashish prelevati in Marocco e trasportati a mezzo di natanti in Italia ed alla successiva commercializzazione dello stupefacente: venivano sequestrati nelle acque antistanti la città di Cagliari, in un'occasione 3.750 kg di hashish rinvenuti sul natante denominato 'Domenico Emmà mentre, in un'altra, 2.073 kg di hashish occultati all'interno di un natante denominato 'Giorgia Vittoria'». Promotore dell'organizzazione, insieme a Sparapano, spiegano gli investigatori, è risultato essere Raffaele Amato, killer di spicco del clan camorrista dei Di Lauro, nonché capo di una holding criminale che ha imposto il suo predominio nei quartieri di Secondigliano, Scampia e Napoli con ramificazioni in tutt'Italia e all'estero.
Sparapano, secondo gli investigatori avrebbe fatto «un salto di qualità entrando in contatto con organizzazioni criminali sedenti sul territorio romano e laziale, in particolare la denominata Banda della Marranella, dedita al traffico internazionale di sostanza stupefacente ed al successivo smistamento in territorio sia capitolino che laziale e campano». «La sua escalation criminale - spiega la Questura - coincide con l'incontro ed il consolidamento dei rapporti con soggetti che fanno capo alla camorra napoletana, il cui vertice in Roma era rappresentato dal defunto Gennaro Senese, nonché i fratelli Calogero, Giuseppe e Francesco Carlino.
Infatti, lo stesso è stato coinvolto nell'operazione 'Tridentè, svolta negli anni '90, sempre dalla Polizia di Stato e riguardante un'organizzazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA