La controperizia su Malagrotta:
«C'è la prova che inquinava»

La controperizia su Malagrotta: «C'è la prova che inquinava»
di Sara Menafra
2 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Gennaio 2014, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 08:11
Il fenomeno di contaminazione della falda sottostante l’area di Malagrotta sarebbe da ricondurre all’attivit di discarica gestita da Giovi spa.

Ci sono voluti anni perché una perizia affrontasse con chiarezza l’inquinamento provocato da quel deposito decennale di rifiuti a cielo aperto. Ora, lo scrivono i periti del Politecnico di Torino in una consulenza per il Consiglio di Stato che nei prossimi giorni arriverà anche negli uffici della Procura di Roma. E che potrebbe rappresentare il punto di svolta nell’indagine per omicidio plurimo e lesioni contro l’amministratore delegato della Giovi, Francesco Rando, che al momento risponde per quattro morti sospette, anche se secondo le associazioni locali le vittime sarebbero circa ottanta.



LA PERIZIA «AMICA»

La consulenza torinese è stata voluta specificamente dai giudici di appello della magistratura amministrativa. In primo grado, il Tar del Lazio aveva annullato l’ordinanza di bonifica dell’area firmata dall’allora sindaco Gianni Alemanno, basandosi sulla consulenza di un perito dipendente del gruppo Cerroni, Massimo Grisolia, che per di più aveva lavorato solo su dati cartacei. Nell’assegnare l’incarico al Politecnico di Torino, invece, il Consiglio di Stato ha specificato che il collegio di «verificatori» era autorizzato a fare «rilievi e prove in campo» anche attraverso la «perforazione di un pozzo nell’area interna al diaframma impermeabile» e le «prove di pompaggio per la caratterizzazione della falda idrica».



INCIDENZA DIRETTA

La nuova perizia, inviata alle parti che devono formulare le eventuali obiezioni entro l’udienza del 15 febbraio, non specifica se la falda sia stata inquinata da un buco nel poulder o dalla penetrazione del percolato attraverso i diversi strati di suolo. Ma - e questo è il passaggio essenziale - collega in modo diretto l’inquinamento della falda con la discarica. Un risultato importante per il centro per la difesa dei cittadini Codici, che ora punta a una svolta nell’inchiesta: «Siamo stati noi - dice il segretario Ivano Giacomelli - a indicare al gip di Roma che quella perizia poteva essere essenziale per riaprire l’indagine penale». Lo scorso 22 luglio, nel decidere di riaprire il fascicolo, il gip Massimo Battistini specificava che due delle quattro vittime avevano depositato dei mineralogrammi che indicavano «la presenza di elementi tossici in eccesso nei capelli». E che già lo studio affidato all’Ispra aveva spiegato come nel municipio l’area di Massimina-Diamante Casal Lumbroso fosse «l’unica ad avere un valore di Smr (livelli di mortalità ndr) spiccatamente sopra quelli del Municipio con una incidenza di tumori di gran lunga superiore».
© RIPRODUZIONE RISERVATA